Tante volte il giudice Livatino ha attraversato nella sua vita da magistrato le porte del carcere. Per lui i detenuti non erano numeri, ma anime che all’interno di quelle mura potevano anche trovare l’occasione della conversione. Questa mattina giovedì 14 ottobre, quella camicia oggi importante Reliquia del Beato Rosario Livatino, ha varcato i cancelli della Casa Circondariale PP Sovr. Pasquale Di Lorenzo(il sovrintendente di Polizia Penitenziaria ucciso dalla mafia il 13 ottobre del 1992), di Agrigento, dove la reliquia è stata accolta dai dirigenti del carcere, il comandante dott. Giuseppe Lo Faro, dagli agenti di Polizia Penitenziaria. Presenti al momento anche il cappellano pro tempore, fra Agatino Sicilia, i presbiteri della città e la fraternità dei Frati Minori di Favara, che hanno concelebrato una S. Messa con i detenuti, presieduta da fra Agatino. La peregrinatio della reliquia del Beato è iniziata ieri nella comunità di Favara, ha donato dei momenti davvero forti stamani che toccano profondamente il cuore.
Durante la Santa Messa anche un momento bello e particolare: tre detenuti si sono comunicati, per la prima volta, all’Eucarestia. Presente al momento anche il magistrato Walter Carlisi con dei giovani tirocinanti dell’ufficio sorveglianza di Agrigento.
Durante la visita si è tenuto anche un momento con i professori della scuola Alberghiera e gli educatori della Casa circondariale.
La visita ha previsto, inoltre, una tappa alla sezione femminile del Carcere con dei momenti di riflessione e preghiera.
“Il filo conduttore della visita – ci dice fra Giuseppe Di Fatta Guardiano del Convento Sant’Antonio di Favara – è stato il brano del Vangelo “Ero carcerato e siete venuti a trovarmi.” In questo luogo – prosegue – abbiamo sperimentato la grazia della presenza del Signore nelle sorelle e nei fratelli detenuti.”
“La sosta assume, – scrive Don Carmelo Petrone Direttore de L’Amico del Popolo – un rilievo particolare per l’attenzione che il Giudice Livatino riservava ai detenuti, sapeva essere giusto nel condannare, ma attentissimo a non confondere la persona con il reato, schierandosi sempre dalla parte della persona. Un magistrato di grande umanità. Rispettava gli imputati, anche coloro che si erano macchiati dei più gravi delitti. Per il magistrato Livatino erano sempre persone. Si racconta che in un caldissimo Ferragosto andò personalmente a portare in carcere il mandato di scarcerazione per un detenuto. E a chi gli chiese la ragione della sua presenza in carcere rispose: «All’interno del carcere c’è una persona che non deve restare neanche un minuto in più. La libertà dell’individuo deve prevalere su ogni cosa»”.
“Mi piace pensare alla visita della reliquia di Rosario Livatino ai detenuti del Carcere Petrusa non solo come un gesto di attenzione nei loro confronti. Quella teca che percorre i corridoi con le porte blindate è lì per ricordare a noi, “fuori”, che dietro quelle porte ci sono persone che stanno pagando per quanto hanno fatto, private della libertà personale. Ma che, come prevede l’art. 27 della Costituzione, la pena è finalizzata alla “rieducazione” del condannato.
La reliquia che entra “dentro” il Carcere Petrusa, ci ricorda la prospettiva dei detenuti di un “fuori” che ci auguriamo, e per il quale dovremmo sempre impegnarci, diverso”. Conclude Don Carmelo