Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura.
San Matteo
Lettura Ef 4,1-7.11-13; Sal 18; Mt 9,9-13
Riflessione biblica
“Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,9-13). Misericordia: è parola cara a S. Matteo, la usa in particolari momenti del suo Vangelo. Nelle Beatitudini, il programma di vita che Gesù traccia per i suoi discepoli: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7). Matteo, da buon “scriba del Regno dei cieli”, sa che “grazia e misericordia sono per gli eletti e protezione per i suoi santi” (Sap 4,15). E lui sperimentò la misericordia del Signore, che lo chiamò alla conversione e alla sequela per il Regno di Dio: “Quanto è grande la misericordia del Signore, il suo perdono per quanti si convertono a lui!” (Sir 17,29). Conquistato dalla sua misericordia, subito seguì Gesù e da lui imparò “che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 9,13). E condivise subito con i suoi amici peccatori la grazia di aver incontrato Gesù. Inoltre, insegnò quella “giustizia superiore” (Mt 5,20), che ha come centro e dinamismo interiore: il perdono, la misericordia, l’amore a Dio e al prossimo. Amore a Dio: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”; la sua misericordia modella la nostra misericordia: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,44-45). Amore al prossimo: non siamo “maestri”, ma fratelli, non siamo “guide”, perché la nostra “guida” è Gesù; non siamo “padri”, “perché uno solo è il Padre nostro, quello celeste” (Mt 23,8-10). Tre cose sono essenziali per praticare l’amore al prossimo: “la giustizia, la misericordia e la fedeltà” (Mt 23,23). La giustizia per essere uomini secondo il cuore di Dio: “Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore, non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino” (Sal 15,2-3). Misericordia per ricordarci sempre che “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati” (Ef 2,4-5). “Rivestiamoci dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandoci a vicenda e perdonandoci gli uni gli altri, come il Signore ci ha perdonato” (Col 3,12-13). Fedeltà, per “non conformarci a questo mondo, ma lasciarci trasformare rinnovando il nostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rom 12,2).
Lettura esistenziale
“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Mt 9, 12). E chi ha il coraggio e l’ardire di considerarsi sano o giusto davanti a Dio? Il Signore ci doni la Sua luce per riconoscere le nostre piaghe, la nostra lebbra, le ferite che ci bruciano e che hanno bisogno della Sua Grazia, del Suo Amore e della Sua Misericordia per guarire.
Perché il malato guarisca è indispensabile che prima di tutto riconosca di non essere sano e di avere bisogno del medico e delle cure adatte al suo caso. È così grande il desiderio di guarire, in chi è malato, che egli è disposto ad accettare qualsiasi cura, anche se questa gli comporta delle severe rinunce, pur di riacquistare la salute desiderata.
Sul piano spirituale è la medesima cosa. Sintomi che non stiamo bene sono, per esempio: la tristezza, l’ira, il nervosismo, la disperazione, ecc… Come dei campanelli d’allarme dovrebbero spingerci a cercare il Medico celeste prima che il male si diffonda sempre più e divenga più forte e più difficile da estirpare.
La miglior cura in questi casi è il ricorso al Sacramento della Riconciliazione.
Anche se avessimo commesso i peccati più gravi possiamo diventare santi se ci pentiamo, confessiamo la nostra miseria e accogliamo con fiducia la misericordia di Dio.