“Ti ringraziamo, o Padre, per il dono che hai fatto alla città di Palermo, alla Chiesa e al mondo: il dono di un cristiano. Il dono di un fratello che ha creduto alla tua Parola fino alla fine e fino in fondo”
L’Arcivescovo Corrado ha presieduto i funerali di fratel Biagio Conte in una Cattedrale gremita. “E’ lui a chiedere a noi di essere santi subito, raccogliamo il suo testimone di impegno”
Care Sorelle, Cari Fratelli,
Eminenza Carissima, Fratelli Vescovi, Servitori delle Istituzioni Civili e Militari, Fratelli e Sorelle delle altre Confessioni cristiane e delle altre Fedi, Amiche e Amici tutti, benvenuti in questa chiesa cattedrale.
Ti ringraziamo, o Padre, perché hai rivelato ai piccoli il mistero della tua presenza e del tuo amore. Ti ringraziamo per il dono che hai fatto alla città di Palermo, alla Chiesa e al mondo: il dono di un cristiano. Il dono di un fratello che ha creduto alla tua Parola fino alla fine e fino in fondo. Noi stamattina ti ringraziamo o Padre perché lo abbiamo incontrato, perché ce lo hai fatto incontrare.
La nostra vita, la vita che tu ci hai dato, è fatta di incontri, [incontri] che sono come i fili di un tessuto che a mano a mano si intreccia e costituisce, di giorno in giorno, la trama della nostra esistenza. Noi siamo, in fondo, sin dall’inizio, sin dal grembo della nostra mamma, [noi siamo] gli incontri che facciamo. E quanto è stato importante per me, quanto è stato importante per tutti noi, per ciascuno e ciascuna di noi, per tutta la Chiesa di Palermo, aver incontrato Fratel Biagio, così come – ce ne siamo accorti più che mai in questi giorni – per tutti coloro che ha raggiunto col suo cammino e col suo sguardo, testimoni semplici e potenti del suo limpido innamoramento del Vangelo da saper turbare, interrogare, invitare altri all’innamoramento, quasi come fossero letteralmente capaci di spandere un profumo, il profumo di Cristo.
Perché Fratel Biagio, Padre, tu lo sai, era un lottatore. Un mite, potente lottatore. Lottava con l’arma del digiuno per tendere al massimo la sua forza umile e non violenta. Lottava così per insegnarci che è possibile combattere ogni forma di violenza e non essere violenti, portare la Croce di Cristo e la croce del povero, soffrire e donare gioia e speranza. Come ad insegnarci che i discepoli del tuo Figlio non sono sofferenti ripiegati su sé stessi in un mondo perduto, né gaudenti ignari del male, ma donne e uomini che nel dolore vivono e donano, al di là di sé stessi, la gioia della tua realtà, del tuo essere accanto a chi ha fiducia in te: “Perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro…” (Sal 15,10).
Padre santo, la vita di Fratel Biagio è stata così. Ed è stata così perché lui ha ascoltato la voce del tuo Figlio, del suo Evangelo: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). Fratel Biagio ha lasciato quello che aveva, lo ha dato ai poveri. Ha risposto di sì. Ti ha cercato, trovato e seguito. Ha risposto di sì… La sua vita è stato un canto senza fine del Salmo responsoriale di oggi: «Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene» (Sal 15,2).
De Conformitate Vitæ). Novello cantore di una povertà che è fiducia totale in te e condivisione con le vittime della “cultura dello scarto” (Papa Francesco). A Fratel Biagio hai dato il triplice dono di vivere da povero, di vivere con i poveri e di vivere per i poveri. Mentre il giovane ricco, sulla strada di Gesù di Nazareth, pensava che la vita che il Signore gli prospettava fosse inaudita, insostenibile, impossibile fino alla soglia dell’assoluta tristezza, Fratel Biagio si è fidato della risposta che il tuo Figlio diede a Pietro, sbigottito perché i ricchi non sarebbero entrati nel Regno: «Impossibile presso gli uomini. Ma a Dio tutto è possibile» (Mt 19,26). Nella vita di Biagio questa parola di Gesù si è adempiuta pienamente. Nessuno di noi avrebbe mai sospettato che nella sua esistenza apparentemente fatta di stenti, di smarrimenti, di immersione nel buio e nel nulla, risiedesse il segreto della gioia, la forza del Vangelo, il mistero del Regno. Presso Dio tutto è possibile. Presso Dio la prossimità con i poveri può diventare e diventa sorgente di vita nuova.
Ecco o Padre, abbiamo parlato dei poveri di Fratel Biagio, ma tu sai che tutti lo sentivamo vicino, perché chi di noi in verità non è povero? Siamo tutti poveri, anche quando non lo sappiamo. E incontrando Biagio ci ricordavamo di quanto ogni vita possa essere consumata e rimpicciolita dalle nostre povere false grandezze, e di quanto ogni vita può essere vibrante, se condivisa con te e con i fratelli. Fratel Biagio faceva suo un altro versetto del Salmo di oggi: «Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita» (Sal 15,5). L’unica eredità di cui Fratel Biagio si è appropriato è stata il dolore e la povertà dei fratelli. L’eredità che ci lascia è la ricchezza del suo esempio che riscalda il cuore e ci fa sperimentare nel nostro corpo la tua Presenza che riempiva il suo corpo, i suoi cammini, il suo respiro. Tutta la nostra vita è nelle tue mani: Fratel Biagio lo sapeva e a te si consegnava, ponendo in quelle mani tutta la sua fiducia, tutta la sua confidenza.
C’era una dolcezza nel suo essere che veniva da un Altrove, una vitalità che trovava le sue sorgenti in uno spazio inedito, nella tua invisibile presenza. Per questo Fratel Biagio era vivo. Pieno di vita anche alla fine, sul letto che era diventato la sua croce. Sempre attento a ciò che succedeva nella città terrena, sempre in movimento. Anche alla fine, quando non poteva più muovere i piedi, le gambe, ma continuava a muovere il suo cuore, sul sentiero della vita. E il sentiero della vita eri tu, o Padre. E la sorgente della gioia eri tu. La gioia che non lo ha abbandonato. Quella gioia che non è sottoposta alle vicende della salute e della fortuna. Quella gioia che dai tu. Tu che sei gioia, gioia piena, luce senza tramonto, gaudio senza fine.
O Padre, nell’abbondanza dei doni che tu elargisci ai tuoi servi, dobbiamo ringraziarti perché sentivamo piena e senza fine in Fratel Biagio quella dolcezza che a tratti sentiamo anche noi, nei nostri cuori, nella nostra preghiera, nel nostro essere Chiesa, nel nostro essere fratelli e sorelle solidali. È la dolcezza di essere amati, perdonati e consolati da te. Quante volte parlando con lui guardavamo ‘alla sua destra’… Perché eravamo sicuri che tu c’eri. Perché quando tu ci guidi, quando sei ‘alla nostra destra’, la nostra vita trova il sentiero e il nostro cuore gusta quella dolcezza «segreta» di cui parlava Chiara d’Assisi (Terza Lettera ad Agnese di Praga, in FC, 24), la dolcezza che tu riservi a chi in te crede, in te spera, te ama.
Se per consolarci della perdita di questo nostro fratello – perché Fratel Biagio ormai era diventato ospite, fratello di ogni casa, era diventato ‘nostro’ – dovessimo dirci e ripeterci cosa egli ha fatto veramente, ci verrebbero alla mente le parole del profeta Michea: «Ha praticato la giustizia» (cfr Mi 6,8), ovvero: ha dato a Dio quel che è di Dio (tutto!) e ai fratelli quello che è dei fratelli (il suo amore, i suoi beni, il suo tempo, le sue forze). Con libertà e parresia!
Biagio, o Padre, ha amato la pietà. A noi appariva sempre in preghiera. A lui hai ispirato di ritirarsi nell’eremo per lunghi periodi, sull’esempio di Sant’Antonio il Grande. Avevamo l’impressione, quando ci parlava, che nello stesso tempo fosse in contatto con te. Con lui ci sembrava di essere in una situazione speciale: parlavamo con lui e sentivamo che c’eri tu. E sentivamo che c’erano tutti i fratelli e le sorelle che egli incontrava sul cammino. Davvero Biagio ha vissuto la sua vita camminando umilmente (e cioè con mitezza, dandoci la mano, stando con noi all’ultimo posto) con te, con il suo, con il nostro Dio, come ci ha ricordato oggi Michea (cfr 6,8).
Accogli tra le tue braccia, o Padre, Fratel Biagio. Accoglilo come egli ci ha accolto. Sii misericordioso con lui: come egli lo è stato con noi. Capace di compassione, di amore viscerale, come te. Donaci di camminare sempre con te, di camminare assieme tra di noi, e di camminare assieme a tutti coloro che non sono con noi, che sono lontani da noi, ma sono forse più vicini a te. Sarà questo o Padre il vero sinodo, il sinodo di una Chiesa nuova, di una Palermo nuova che non finiamo di sperare, ma per la quale dobbiamo continuare a lottare, con l’intemerata spudoratezza dei tuoi ‘santi folli’, dei tuoi giullari, la stessa temerarietà, la stessa follia di Biagio che da oggi è nelle tue mani e che pure tu ci lasci accanto come seme del Regno a Palermo e nel mondo. Accanto a noi, per sempre. Amen.