• 21 Novembre 2024 13:36

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

di Don Giuseppe di Stefano
Curato-dArs-1-243x300 Fratello prete ti scrivoFratello prete,   in questa festa del  Santo curato d’Ars non posso fare a meno di pensare a te, a noi, alla fatica e alla bellezza di essere preti, alla sproporzione tra la nostra povertà e la grandezza della nostra chiamata.
Ma vorrei anche pensarti, pensarci, nella ferialità dei nostri giorni, lontano dalla luce delle candele e dall’odore dell’incenso, mentre facciamo i conti con la solitudine e con le incomprensioni tra le mura di casa.
Ci hanno sempre insegnato e messo sotto gli occhi modelli di prete instancabili che si consumano per i propri fedeli, uomini di Dio che si lasciano “mangiare” per la fame dei fratelli. Quello che però nessuno ci insegna è che il prete non è un supereroe, infallibile e impeccabile, senza macchia e senza paura. Che il valore di un sacerdote non si misura nella sua riuscita pastorale o nell’approvazione da parte del vescovo o della gente, perché nulla ha più valore della nostra vita in sè. Sì, fratello prete, tu sei prezioso agli occhi di Dio a prescindere, e se anche nessun altro te lo ricordasse soprattutto nei momenti difficili, Dio non smetterà mai di ripetertelo nel silenzio del tuo cuore.
Ti chiamo fratello perché anch’io condivido con te e come te l’avventura stupenda di essere servo della grazia e annunciatore del Vangelo. Ma so che spesso questa fraternità è soltanto una bella parola di cui infarcire i nostri discorsi e che altro è la vita e la prassi. Vedi, fratelli non si nasce ma lo si può sempre diventare. Basta davvero poco. Piccoli gesti di attenzione costruiscono una fraternità vera. Un messaggio, una telefonata, magari in cui, sulla scorta delle parole del Maestro, puoi dire anche tu al confratello: “oggi voglio fermarmi a casa tua”. Basta una tavola apparecchiata e del pane da condividere perché la fraternità diventi concreta.
E già, mentre ti scrivo, il cuore non può fare a meno di tornare laddove tutto è cominciato.lavanda Fratello prete ti scrivo In quella “stanza al piano superiore”, in quella notte di consegne e tradimenti in cui siamo nati. In quella cena in cui i piedi sporchi vengono lavati e tra le mani dei discepoli – neppure troppo pulite – Dio si consegna in un pezzo di pane. E al solo pensarci vengono i brividi alla pelle del cuore e si fatica a trattenere le lacrime, come nel giorno in cui il vescovo ha unto le nostre mani per il servizio di Dio e dei fratelli.
Fratello prete, vorrei ancora dirti che le tue lacrime non sono estranee al cuore di Dio. Egli le conosce tutte e le conserva gelosamente nel suo otre, perché nessuna di esse si perda. Chissà quante volte, al termine di una giornata difficile, ti sei ritrovato solo nella tua stanza a piangere sul cuscino per le incomprensioni e i fallimenti. Sappi che, sempre, in momenti come questi, ho sperimentato vicinissima la presenza consolante e materna di Maria. Chiamala, invocala, chiedile aiuto. Saltale in braccio come un bimbo e, tra quelle braccia, anche il più grande dei problemi si ridimensionerà.
Non mi resta che ringraziarti, fratello prete. Grazie per il dono che sei. Grazie perché con il tuo sì, ogni giorno, mi ricordi che Dio è talmente vicino da poterlo toccare. Sì è nascosto tra le pieghe della tua vita donata, della tua umanità ferita che, come un vaso di creta, porta in sé il più grande dei tesori: Cristo Gesù il Signore.