Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Giovedì della IV settimana di Pasqua
Letture: At 13,13-25; Sal 88; Gv 13,16-20
Riflessione biblica
“Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica” (Gv 13,16-20). Il contesto di tale affermazione è la lavanda dei piedi: un servizio di amore, compiuto da Gesù per insegnarci che l’amore non nasce dal dover fare qualcosa per gli altri, ma dalla convinzione profonda che solo l’amore stabilisce una relazione profonda con gli altri. Non basta la fede, ciò che conta è “la fede agente mediante la carità” (Gal 5,6). Non basta conoscere la via per arrivare alla santità, bisogna seguire Gesù per la via della croce che porta a compimento il progetto di Dio su di noi. Non bastano le buone intenzioni: quanti propositi non realizzati, frutto più di illusioni che di un progetto realistico di vita. Attenti! Non è questione di fare molte cose, ma fare tutto con amore, alla maniera di Gesù: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35). Un esempio difficile da imitare, ma è la conseguenza del seguire Gesù: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,16.18). Difficile, ma possibile: se invece di porre al centro della nostra vita spirituale il nostro egoismo e i nostri interessi, poniamo Gesù e la sua sapienza divina di verità e di amore: “Chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui: chi dice di rimanere in lui, deve comportarsi come lui si è comportato” (1Gv 2,5-6). Se vogliamo essere discepoli di Gesù e suoi ambasciatori di amore, “agiamo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4,15).
Lettura esistenziale
«Un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato» (Gv 13, 16). Corrispondere alla chiamata del Signore comporta affrontare con prudenza e semplicità ogni pericolo e persino le persecuzioni. Diventati una cosa sola con il Maestro, i discepoli non sono più soli ad annunciare il Regno dei cieli, ma è lo stesso Gesù ad agire in essi: “Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” (Gv 13, 20). La missione è un compito e un dovere di tutta la Chiesa che è chiamata ad annunciare il Vangelo con lo slancio e l’entusiasmo dei cristiani della prima ora. «La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell’impegno per la missione universale» (S. Giovanni Paolo II). Questo obiettivo viene continuamente ravvivato dalla celebrazione della liturgia, specialmente dell’Eucaristia, che si conclude sempre riecheggiando il mandato di Gesù risorto agli Apostoli: “Andate…” (Mt 28, 19). La liturgia è sempre una chiamata “dal mondo” e un nuovo invio “nel mondo” per testimoniare ciò che si è sperimentato: la potenza salvifica della Parola di Dio, la potenza salvifica del Mistero Pasquale di Cristo. Tutti coloro che hanno incontrato il Signore risorto hanno sentito il bisogno di darne l’annuncio ad altri, come fecero i due discepoli di Emmaus. Ravviviamo la gioia di “andare” incontro ai nostri fratelli annunciando: “Ho visto il Signore!”