Commento di Fra Giuseppe Di Fatta
XXIII domenica del Tempo Ordinario
Letture: Is 35,4-7; Sal 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37
Un caro saluto di gioia e pace a tutti voi. Ascoltiamo il Vangelo di questa 23° domenica!
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gesù va in terra pagana. Dove non è conosciuto. Dove non si conosce nemmeno il vero Dio. È venuto per tutti, ogni uomo è oggetto della sua cura, del suo amore, della sua proposta di salvezza.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Un sordomuto. Incapace di ascoltare. Di parlare. Di relazionarsi con il mondo esterno, con gli uomini suoi simili. Un uomo chiuso in se stesso, nella sua malattia, in compagnia soltanto dei suoi pensieri, immerso nell’infinita sofferenza della solitudine. Glielo portano perché imponga la sua mano, segno della preghiera e dell’invocazione dello Spirito Santo.
Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua. Sì, lo portò in disparte. È una costante dell’agire di Dio. Quando vuole incontrare un uomo per fargli sentire il suo amore e offrirgli la sua Parola di salvezza, lo porta in disparte, lo toglie dai rumori e dalle distrazioni, lo conduce nel deserto , come fece un tempo con il suo popolo, facendolo uscire dall’Egitto. Dita nelle orecchie e nella lingua, con aggiunta di saliva. Come un artista che sta realizzando la sua opera, come uno scultore che sta modellando il suo capolavoro.
Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Il sospiro di Gesù è il soffio dello Spirito. Lo stesso gesto compiuto nel cenacolo, la sera di Pasqua. È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla (Gv 6,63).
Effatà, Apriti: gesti e parole del Vangelo entrati a pieno titolo nella liturgia. Dopo che il bambino ha ricevuto il battesimo e c’è stata la consegna della veste bianca e del cero acceso, il sacerdote tocca con il pollice le orecchie e le labbra del battezzato e dice: Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede a lode e gloria di Dio Padre. Amen. Dall’ascolto del Vangelo e da una comprensione profonda della liturgia, sembrerebbe che le orecchie e la bocca siano state create dal Signore e donate all’uomo, non tanto per le funzioni fisiologiche, ma soprattutto per ascoltare e annunziare la sua Parola. Se fosse così, pensate cosa significa quando usiamo le orecchie per ascoltare cose inutili e frivole, e usiamo la lingua per cose banali o addirittura per fare del male.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!» Viene definito dagli esperti come il segreto messianico: comandò di non dirlo a nessuno. Gesù non vuole che si faccia una pubblicità esagerata e scorretta alla sua persona e alla sua opera. Non vuole essere frainteso e vuole essere cercato e conosciuto per quello che è, per quello che insegna. Non solo per i miracoli e i prodigi che compie. Ha fatto bene ogni cosa. Accogliamo con gratitudine il Vangelo di questa domenica che ci invita a non restare chiusi in noi stessi. Effatà, Apriti! Alla vita, all’ascolto, all’altro, all’amore, al servizio gratuito, alla generosità, al dono di sé. Non chiuderti nell’egoismo. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. (S. Agostino) Apri le orecchie per ascoltare la Parola di Dio e i bisogni dei fratelli. Apri la bocca per professare la tua fede, lodare e testimoniare il tuo Signore.
Una santa e serena domenica a tutti voi!