Commento di Fra Giuseppe Di Fatta
Un caro saluto di gioia e pace a tutti voi!
Un antico testo rabbinico parla delle 4 notti della Bibbia, notti in cui Yahwèh ha vegliato per noi: la prima è quella della creazione dell’uomo, la seconda della promessa ad Abramo, la terza del passaggio del mar Rosso, la quarta dell’attesa della venuta del Messia. A quelle 4 notti della riflessione ebraica, noi cristiani ne possiamo aggiungere a buon titolo almeno altre due: la notte della Nascita e quella della Risurrezione del Signore.
Ascoltiamo il Vangelo secondo Luca che proclameremo la notte di Natale.
Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Il Re Davide era di Betlemme e Giuseppe, che apparteneva alla sua dinastia, dovette andare in quella città per il censimento. Noi diciamo che Giuseppe era padre putativo di Gesù, che significa ritenuto tale. A me pare che tale espressione sia insufficiente e non esprime tutta la paternità di Giuseppe. È vero che non lo è sul piano naturale, ma la sua appartenenza al casato di Davide ha realizzato le antiche profezie sul Messia che doveva discendere dalla tribù di Davide. Per la legislazione di Israele era il padre che dava la dinastia ai figli e questo era considerato un fatto della massima importanza. Giuseppe ha dato la davidicità a Gesù.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. Usando un gioco di parole e citando il testo di un canto, possiamo dire che Maria ha dato alla luce la Luce, ha dato la vita alla Vita. Il termine Betlemme significa casa del pane; Gesù viene posto in una mangiatoia… mi sembrano indizi interessanti che ci ricordano le parole del Signore: Io sono il pane vivo disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. (Gv 6,51)
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». I pastori sono i primi destinatari di questo meraviglioso annuncio di gioia: è nato il Salvatore! Era gente semplice, povera, per un certo verso emarginata, a volte guardati con sospetto. Ormai ne siamo certi, questa è una costante di Dio: Egli continua a scegliere ciò che è debole per il mondo, ciò che è ignobile e disprezzato, ciò che è nulla, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. (1 Cor 1,27-29)
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». Durante la sua Passione, alla reazione violenta di un discepolo, Gesù dirà: Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di 12 legioni di angeli? (Mt 26,52-53) Quello che per divina disposizione non è avvenuto nella Passione, oggi avviene alla nascita del Signore: tutti gli angeli del cielo sono in festa e lodando Dio, annunciano la pace agli uomini, cantando Gloria! Gli angeli sono contemplativi del volto del Padre, annunciatori del Vangelo, cantori dell’amore e della gloria di Dio, a servizio degli uomini, soprattutto dei più poveri. In fondo, se ci riflettiamo, essi sono ciò dobbiamo essere noi!
Buon Natale a tutti con una doppia benedizione: dal cielo e dalla grotta di Betlemme!