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Due padroni… e tu chi vuoi servire?

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

San Martino de Tours

Letture: Rm 16,3-9.16.22-27; Sal 144; Lc 16,9-15

Riflessione biblica

“Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Lc 16,9-15). Il problema non è la ricchezza, ma il modo servile con cui ci assoggettiamo ad essa. In realtà, la ricchezza è un idolo a cui si sacrifica l’amore a Dio e ai fratelli e fa dimenticare che il cristiano è orientato al Regno di Dio: “Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33). Sono parole che ci fanno riflettere, per non essere schiavi della ricchezza: “Niente è più empio dell’uomo che ama il denaro, poiché egli si vende anche l’anima. Per amore del denaro molti peccano, chi cerca di arricchire volta lo sguardo. Chi ama l’oro non sarà esente da colpa, chi insegue il denaro ne sarà fuorviato” (Sir 10,8; 27,1; 31,5). La ricchezza è un pericolo: “Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Ma vedranno morire i sapienti; periranno insieme lo stolto e l’insensato e lasceranno ad altri le loro ricchezze” (Sal 49,7.11). Ma può essere anche un’occasione per far trionfare l’amore solidale verso i fratelli poveri e bisognosi: “Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2,44-45). L’amore al prossimo libera il cuore dall’egoismo e dagli interessi e ci fa vivere secondo un progetto di giustizia e di santità: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,17-18).

Lettura esistenziale

“Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto” (Lc 16, 10). A noi, probabilmente, non sarà richiesto il martirio, ma Gesù ci domanda la fedeltà nelle piccole cose, quelle quotidiane, quelle che passano quasi inosservate: svolgere volentieri i propri doveri, cercare di essere costanti nella preghiera quotidiana, rendersi disponibili ad aiutare il prossimo, saper tacere una parola che potrebbe ferire, rispondere al male ricambiando con un sorriso, offrire con gioia gli incomodi della vita, anziché lamentarci. In altre parole siamo chiamati a vivere la “misura alta della vita cristiana” nell’umile quotidiano. “Mi piace tanto questo Signore al quale la felicità dei figli importa più della loro fedeltà; che accoglierà me, fedele solo nel poco e solo di tanto in tanto, proprio con le braccia degli amici, di coloro cui avrò dato un po’ di pane, un sorriso, una rosa. Siate fedeli nel poco. Questa fedeltà nelle piccole cose è possibile a tutti, è l’insurrezione degli onesti, a partire da se stessi, dal mio lavoro, dai miei acquisti…Chi vince davvero, qui nel gioco della vita e poi nel gioco dell’eternità? Chi ha creato relazioni buone e non ricchezze, chi ha fatto di tutto ciò che possedeva un sacramento di comunione” (Ermes Ronchi).

 

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