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DDL Zan: il parere del Costituzionalista Avv. Lucarella

di Salvatore Di Bartolo – Dopo il discusso intervento di  Fedez durante il concertone del primo maggio, è tornato prepotentemente in auge il dibattito intorno al Ddl Zan. Un tema davvero incandescente in queste ultime settimane, tanto da giungere letteralmente a monopolizzare l’attenzione mediatica e divenire motivo di scontro politico tra i vari partiti.
Abbiamo voluto approfondire l’intricata vicenda legata al Ddl Zan con l’avvocato Angelo Lucarella. Costituzionalista e Vice Presidente della Commissione Giustizia del Ministero dello Sviluppo Economico, Lucarella è anche Direttore del dipartimento di Studi politici, costituzionali e tributari dell’Università Federiciana, Cultore di Diritto Costituzionale all’università di Bari, saggista e analista per riviste nazionali in ambito politico e costituzionale.

 Nelle ultime settimane uno dei temi al centro del dibattito politico é senza dubbio il Ddl Zan. Secondo lei presenta dei profili di incostituzionalità? Indubbiamente siamo difronte ad un testo, quello ormai in esame al Senato, che necessita di un dibattito politico e, soprattutto, sociale-civile molto più ampio e trasparente. Le leggi approvate per acclamazione sappiamo a che situazioni storiche si collegano. Detto ciò, come ho avuto modo di scrivere in un’analisi recentemente pubblicata, ci sono almeno due questioni di fondo da non sottovalutare con molta (ribadisco molta) attenzione: 1) perché mai un legislatore ha necessità di definire ciò che una persona vuole essere (vedasi art. 1 del disegno di legge)? 2) perché il legislatore ha necessità di specificare di far salvo il diritto d’opinione e la condizione di libertà per legge ordinaria? Una persona nasce libera e la Costituzione italiana lo riconosce così come la CEDU (sul piano comunitario) e la Dichiarazione universale dei diritti umani (sul piano internazionale). Nessuno può definirci come essere umani. Altra cosa è sanzionare gli atti illeciti legati all’offesa personale altrui (e su questo fronte sarebbe d’accordo l’Italia intera).
C’è chi sostiene che lasci troppa libertà applicativa ai giudici. Cosa pensa lei a riguardo? Il problema, a mio modo di vedere, è proprio l’opposto. Di regola un Procuratore dell’Ufficio del P.M. valuta gli elementi a favore ed a sfavore a carico di un soggetto indagato. L’indagine penale peraltro è finalizzata, sia ben chiaro, a perimetrare sia le chance di colpevolezza ipotetica che l’innocenza; quest’ultima certa, in un sistema giuridico come quello italiano, fino a sentenza passata in giudicato. Ciò che paradossalmente potrebbe accadere, con l’approvazione senza modifiche del DDL Zan, è che domani i Giudici inquirenti avranno le mani legate in termini di valutazione pre-richiesta di rinvio a giudizio: cosa, quest’ultima, che sarà l’effetto di un’unica causa a monte ovvero una legge che definisce a priori l’essere della persona (e che non è alla portata della maggior parte dei cittadini come può evincersi dal linguaggio utilizzato nell’articolo 1 della proposta di legge). Una legge deve essere ispirata a farsi capire dalla moltitudine, non da una fetta di cittadini.
Ritiene che, così com’è scritto, il Ddl Zan possa ledere altri diritti fondamentali, su tutti la libertà d’espressione e d’opinione? Se ha valore di principio per cui nessuno possa definirci (in quanto la persona umana nasce libera) perché mai dovrebbe farlo lo Stato? L’intento nobile di perseguire reati nei confronti di soggetti ritenuti più deboli è assolutamente condivisibile, ma si dovrebbe scegliere su un piano giuridico, ghiotto di logica, una delle due strade: istituire figure di reato apposite (cosa discutibile poiché il limite sottile tra opinione e offesa sarebbe da decifrare con ulteriore processo legislativo e si rischierebbe di cadere nel processo alle intenzioni), oppure rafforzare le aggravanti/reato rispetto a quanto il nostro sistema penale già configura come illecito nei confronti della persona umana.
Se il Ddl Zan diventasse legge potrebbe avere delle pesanti ripercussioni in ambito scolastico. Quali sono secondo lei i maggiori rischi in tal senso? Ci sono tre elementi da valutare sul punto: quali competenze professionali offre il sistema scolastico italiano, complessivamente parlando, per far fronte a tutte le finalità di persuasione e sensibilizzazione che si prefigge il DDL Zan; quali strumenti pedagogici complementari ed essenziali abbia previsto il DDL Zan per unire il tratto normativo al processo educativo-sociale; quale ruolo spetta ai giovani in chiave generazionale. Istituire una giornata di celebrazione (vedasi articolo 7 del DDL), seppure avente una propria dignità ideale, è alquanto fumoso rispetto all’obiettivo concreto da raggiungere sul piano sociale e statistico-generazionale. Fare una legge non significa accettarla così com’è pur di privarla di dibattito migliorativo solo perché si rischierebbe un nulla di fatto. Fare una legge è una determinate sulla vita delle persone: siano esse vittime, rei, innocenti, ecc. Ora, posto per premesso ed assodato che tutti gli insegnanti e docenti impegnati nell’ambito sappiano trasmettere già a priori i valori di uguaglianza e libertà di opinione ai propri studenti, si rischia un cortocircuito nella misura in cui il disegno di legge non specifica l’approccio metodologico e pedagico-normativo su cui fonda il tutto (lasciando, quindi, totale arbitrio sul piatto della bilancia): un dato su tutti è non aver differenziato, ad esempio, il come si voglia agire per gradi di apprendimento ed età anagrafica stabilendo cosa si debba spiegare negli Istituti. In dieci articoli di proposta queste dinamiche non possono essere riversate tutte sul sistema scolastico perché significa non essere seri dinanzi al problema che, in altra veste, si dice di voler combattere. Risultato inevitabile sarà l’incertezza totale sul fronte educativo condita di una voragine-gap comunicativo-sociale a cui le Scuole potranno far diga quantomeno con tre strumenti: la sensibilità e la versatilità del corpo docente, la Costituzione italiana e l’educazione civica (cosa, quest’ultima, su cui si dovrebbe fare un altro tipo di analisi).
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