Proponiamo il racconto di Carmen Falletta, delegata per l’Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela alla 50ª Settimana sociale di Triste. Ringraziamo da subito Carmen per il prezioso contributo, augurandole di mantenere vivo l’entusiasmo e l’amore per le cose che porta avanti.
Erano i giorni delle Settimane Sociali di Trieste, nei primi dello scorso luglio, quando ricevetti un messaggio di Francesco (Francesco Polizzotti collaboratore della testata Il Sycomoro) che mi invitava a scrivere un articolo per questo giornale.
Da sempre adoro scrivere, ancor di più scrivere delle cose che mi stanno a cuore, per questo non potevo non accogliere l’invito con grande entusiasmo. Sono passati un po’ di giorni e non è sicuramente un caso, al quale tra l’altro non credo, se mi ritrovo seduta a scrivere proprio oggi, 1 settembre, la giornata che apre il Tempo del Creato, e dopo aver appena concluso di seguire le giornate nazionali di animazione missionaria di Assisi.
Mi chiamo Carmen, ho da poco compiuto 50 anni, e definirmi o raccontare di me può essere complicato, perché innatamente, faccio mia quella che viene definita “la libertà dei figli di Dio”, di conseguenza, etichettarmi o incasellarmi è un’impresa ardua anche per me stessa.
La mia curiosità, il sentirmi sempre in ricerca, mai arrivata, sempre stupìta, mi portano ad avere tanti interessi, tante collaborazioni, tanti progetti in corso e, grazie a Dio, anche tanti realizzati, tutti tenuti insieme da un filo conduttore: “l’essenziale è fare il bene, ognuno sulla strada sulla quale si trova, quella strada che il Signore prepara, soprattutto quando non ce ne rendiamo conto”.
Per questo, da bambina innamorata dell’Africa, mai stanca di consultare atlanti geografici e libri che narravano di viaggi e popoli, (che scovavo nella libreria di mio padre, nei lunghi pomeriggi invernali dopo aver finito i compiti), nel 2011, ormai giovane donna, dopo tante persone preziose incontrate, storie e testimonianze ascoltate e un primo viaggio in Africa, ho fondato, insieme a dei cari amici, la piccola associazione di ispirazione cristiana “Matumaini Speranza onlus”.
“Sei troppo idealista”, “E’ troppo complicato”, “E’ troppo rischioso andare in Congo”, sono alcune delle opinioni che, con affetto, venivano espresse da alcuni degli amici con i quali condividevo le mie idee e i miei sogni che non potevano rimanere per sempre nel cassetto.
Matumaini, sin dalla nascita, non ha avuto l’intenzione di diventare una grande Ong o di realizzare progetti materialmente maestosi come la costruzione di ospedali o grandi strutture, perché benchè utili, fuori dalla portata della nostra piccola associazione. La nostra finalità era ed è, LA SPERANZA. Quella speranza che, sin dal primo giorno, ci ha fatto pensare che, se grazie al nostro “arrivo”, una persona, anche una sola, avesse “sentito” di poter ricominciare a sperare, avremmo raggiunto il nostro scopo.
Da quel giorno, ogni volta con mio grande stupore e gratitudine, sono stati centinaia i bambini ai quali è stata data la possibilità di frequentare la scuola, decine e decine le borse di studio universitarie erogate e i giovani, uomini e donne, che si sono laureati; tanti anche i progetti sociali e di sviluppo realizzati che hanno consentito di imparare un mestiere o di mettere a frutto abilità, ad esempio in agricoltura, grazie alla possibilità di acquistare semi o attrezzature; decine le persone che hanno avuto accesso alle cure mediche insperate perché seppur poco costose, per loro rappresentavano un costo troppo grande.
Ma, ancora di più, infinite, sono state le emozioni che ho provato, le storie che ho ascoltato, le persone che ho incontrato, le lezioni che ho imparato anche da coloro a volte considerati, erroneamente, gli ultimi, o da coloro considerati i cattivi, i non degni, come ad esempio, i carcerati. E’ in questi momenti che, più forte, ho potuto “sentire” riecheggiare “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete…..ero carcerato…..”
E ancora, raccontare, nelle nostre scuole, nelle parrocchie, nelle associazioni. Narrare di realtà lontane, contribuire ad allargare gli orizzonti e ricordare che siamo un’unica famiglia umana.
Poi, maggio 2015, al rientro da un mese in Repubblica democratica del Congo, ancora in aeroporto, sentii per la prima volta parlare dell’enciclica Laudato Si’. Stupore, felicità, gratitudine. Per me che considero i confini come cuciture e che trovo il senso di quella che viene definita identità culturale, solo se serve come gradino per affacciarsi ed incontrare l’altro e arricchirsi reciprocamente, le parole di Papa Francesco furono e sono un balsamo.
“Tutto è connesso”, “essere custodi e non padroni”, “prendersi cura del Creato (ambiente e persone), “sfruttamento delle risorse e giustizia sociale”, “il grido della terra è il grido dei poveri”, “crisi climatica e migrazioni”. Fu così che, decisi di seguire la formazione per diventare animatore Laudato Sì e costituire, nel 2020, in seno all’associazione Matumaini, il Circolo Laudato Si’ di Milazzo, il primo nella nostra Arcidiocesi.
Il circolo, ormai noto per il suo carisma missionario, insieme a Matumaini collabora con più uffici diocesani, associazioni e altre realtà locali. Promuove molte iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione. Bellissimo è anche l’innesto su alcuni progetti con le scuole del nostro territorio. In tali progetti, i bambini sono destinatari di libri, piantine e strumenti; doni attraverso i quali approfondire la conoscenza e il valore del “prendersi cura” del Creato e degli altri.
Andiamo avanti, ancora, insieme.
Un caro saluto a tutti. Grazie per questa possibilità di raccontare.
Carmen Falletta