di Francesco Polizzotti – «Ognuno è figlio di Dio. Il regolamento di Dublino va rivisto e l’Europa non deve lasciare sola l’Italia ma non si può aspettare la fine di questo percorso trattenendo le persone a bordo fino a portarle all’esasperazione». Sono le parole di Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania arrivato sulla banchina del molo di Levante mentre dalla nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere si completavano le operazioni di “sbarco selettivo” voluto dal governo Meloni. Renna ha rivolto un saluto ai superstiti confortando i naufraghi e gli equipaggi delle Ong a non perdere la speranza. «Ho visto una grande accoglienza da parte dei medici e di tutte le persone impegnate nelle operazioni, però mi sono reso conto anche del grave disagio che stanno vivendo le persone che non sono state autorizzate a raggiungere terra, la forma dello sbarco selettivo non è quella giusta». In questi giorni anche altri Vescovi siciliani si sono fatti “prossimo” di alcune periferie della propria diocesi, in particolare il Vescovo di Agrigento Mons. Alessandro Damiano è stato a Lampedusa a visitare i luoghi dell’accoglienza. La Cei ha espresso forte preoccupazione su quanto sta avvenendo in Sicilia spingendosi anche a ritenere minacciata la democrazia. Così come il richiamo alle responsabilità dei 27, del fatto che chi sbarca in Italia, sbarca in Europa.
In queste ore è in ballo non solo la tenuta di questi diritti ma la visione verso cui ci si sta spingendo che non si limita al presupposto che per accogliere sia opportuno garantire anche gli equilibri interni di uno stato e la sicurezza ma che dall’altro lato non ci siano più persone ma “carichi residui”, come li ha definiti il nuovo ministro agli Interni Piantedosi. Non è bastata la lezione magisteriale di Papa Francesco sulla “cultura dello scarto” sugli esseri umani esclusi. Eppure non si tratta solo di una questione lessicale, perché a ciascuna parola corrisponde uno status giuridico diverso. Il gioco delle parti, tra il nuovo Governo italiano e gli altri Stati membri non può essere consumato sulla pelle di esseri umani, tra l’altro si parla di naufraghi e non di clandestini. L’idea di una richiesta di asilo a bordo delle navi umanitarie, per radicare in capo allo Stato di bandiera la responsabilità di gestire i migranti soccorsi, poggia su “un errore ed una mistificazione: chiamare ‘migranti’ i ‘naufraghi’. Gregorio De Falco, ex senatore e capitano di fregata, interviene ripetendo con determinazione: «Se non diamo il nome giusto alle cose vuol dire che siamo complici di una mistificazione. I così detti ‘migranti’ vanno chiamati ‘naufraghi’: in quanto tali vanno resi oggetto di soccorso come stabilito dal diritto internazionale ed a loro si applica il passaggio inoffensivo e quindi l’ingresso nelle acque territoriali. Non è una sciocchezza irrilevante, come non lo è la differenza che passa tra il giorno e la notte».
La questione è tutta legata al diritto di sbarco per tutti. L’idea che si selezionino persone meritevoli o meno di assistenza dimostra il dramma vero e proprio di questa vicenda, a cui si aggiunge il peggioramento delle condizioni meteo previsto nelle prossime ore.
Cosa dice il diritto?
Il diritto internazionale è chiaro al riguardo. Le regole da seguire sono stabilite in particolar modo dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) e, a livello europeo, dal Regolamento di Dublino. Entrambe le carte sono state firmate dall’Italia.
La prima prevede che chiunque si trovi in pericolo in mare vada salvato. Il soccorso si conclude solo con uno sbarco sicuro nel porto più vicino ed è un dovere che deve essere rispettato da tutti. «Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera […] presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo», recita l’articolo 98, mentre il 19 prevede che «in nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati».
Quanto al Regolamento di Dublino, applicato in ambito europeo, il documento stabilisce «i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide». In poche parole spetta allo Stato di «primo ingresso illegale» prendersi carico della richiesta di asilo.
Vista la posizione geografica dell’Italia, spesso è il nostro Paese a rispondere della gestione dei migranti, nonostante il criterio del «primo ingresso illegale» venga dopo quello dello «Stato membro dove può meglio realizzarsi il ricongiungimento familiare» e quello dello «Stato membro che ha rilasciato al richiedente un titolo di soggiorno o un visto di ingresso in corso di validità».
La situazione attuale
Intanto, sono 214 le persone rimaste a bordo dalla nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere, 35 sulla Humanity 1. Le Ong si rifiutano di lasciare il porto come previsto dal nuovo decreto interministeriale e presentano i primi ricorsi: “il soccorso termina solo quando tutti i naufraghi saranno portati a terra in un luogo sicuro”. La tensione è alta: due migranti si sono gettati in acqua nel tentativo di raggiungere la banchina del porto. Di fronte alle coste siciliane la Ocean Viking con 234 migranti a bordo e la Rise Above con 93 persone. La Rete Antirazzista catanese e molte realtà siciliane si stanno mobilitando per realizzare un sit in permanente al porto di Catania.
Dal governo regionale nessun segnale, tanto che c’è quasi da rimpiangere Musumeci a Palazzo d’Orleans o l’onorevole Stefania Prestigiacomo, data per alcune settimane in lizza per le regionali siciliane ma poi bruciata perché salita nel 2019 a bordo della nave della Ong tedesca Sea Watch con altri due parlamentari. Ricordiamo come la nave rimase per nove giorni bloccata in rada a Siracusa con 47 migranti a bordo. A salire con la Prestigiacomo furono Riccardo Magi, di + Europa, Nicola Fratoianni, di Sinistra italiana, e il sindaco di Siracusa Francesco Italia, di Azione che su un gommone raggiunsero la nave bloccata davanti al porto sicuro di Siracusa. Lo stesso Italia in queste ore ha comunque affermato che “il governo ha un atteggiamento di maggiore responsabilità rispetto al Conte-Salvini” per aver permesso i primi soccorsi a quanti sono stati considerati dal personale medico particolarmente fragili, ricordando al contempo come la nostra Marina Militare si è sempre resa protagonista dei salvataggi in mare, cosa imprescindibile.
Nella notte proprio a bordo della nave di Medici Senza Frontiere è stata necessaria un’evacuazione medica d’urgenza dopo che un uomo a bordo ha accusato forti dolori addominali che non potevano essere curati a bordo. MSF ha ricevuto formalmente il decreto interministeriale e il team legale sta lavorando per riscontrare l’illegalità delle azioni messe in campo dalle autorità italiane”, dice dal porto di Catania Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere. A ritornare sulla questione dello sbarco selettivo è l’Asgi, associazione studi giuridici sull’immigrazione. «Questa è una forma di respingimento collettivo» delle navi umanitarie Geo Barents e Humanity 1, spiega Gianfranco Schiavone. È illegittimo infatti far sbarcare esclusivamente alcuni dei naufraghi e respingere indistintamente tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali. Questo si configura, oggettivamente, come una forma di respingimento collettivo dal vietato dall’art. 4, protocollo 4 della CEDU, convenzione europea dei diritti dell’uomo; attività, quest’ultima, per la quale l’Italia è già stata condannata in passato (sentenza Hirsi Jamaa c. Italia del 2012).
Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale spiega in questi termini la questione posta dall’esecutivo: «Secondo il ministero (Interni) una persona che è stata presa a bordo di una nave battente bandiera tedesca o norvegese è sbarcato in territorio norvegese o tedesco. Questa è la premessa di tutto e il governo» ma le ong battenti bandiera non italiana non sono navi militari, quindi non possono avviare identificazioni che sono proprie delle autorità.
Qualche dato sull’accoglienza: in Italia sono ospitati nei centri di accoglienza 73mila profughi in meno rispetto a 5 anni fa. È il sistema dell’accoglienza a operare in maniera emergenziale dato che 7 migranti su 10 sono accolti in centri straordinari. La narrazione del neo Governo non stupisce. L’immigrazione è terreno facile della propaganda. Peccato che nel suo discorso d’insediamento la presidente del Consiglio on. Giorgia Meloni citava tra i suoi riferimenti San Giovanni Paolo II. E’ proprio Wojtyla: «Di fronte al fenomeno migratorio, è in gioco la capacità, per l’Europa, di dare spazio a forme di intelligente accoglienza e ospitalità. È la visione “universalistica” del bene comune ad esigerlo: occorre dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell’intera famiglia umana. Lo stesso fenomeno della globalizzazione reclama apertura e condivisione, se non vuole essere radice di esclusione e di emarginazione, ma piuttosto di partecipazione solidale di tutti alla produzione e allo scambio dei beni». Il tutto è inserito in un capitolo dell’ “Ecclesia in Europa”, interamente ispirato alla solidarietà, all’aiuto dei più poveri, all’accoglienza. Lo stesso capitolo che in maniera capziosa è stato utilizzato da Matteo Salvini nel tentativo di contrapporre Giovanni Paolo II a Papa Francesco.