C’è ancora spazio per la speranza. Una coppia di artigiani catanesi, con due figli a carico, è riuscita a ottenere un piccolo prestito tramite il microcredito della Caritas Diocesana di Catania per risolvere alcuni carichi pendenti sull’abitazione e poter così concentrare le proprie energie finanziarie e mentali sui prossimi mesi di attività del negozio di bigiotteria che gestisce nei pressi del centro storico della città. Segnali di luce in un periodo complicato per tante famiglie che, inguaiate dal sovraindebitamento e da altre gravi forme pregiudizievoli (segnalazioni alla Centrale Rischi, protesti, ecc…), sono negativamente condizionate nell’accesso al credito bancario.
A tenere in piedi questa famiglia catanese beneficiaria di microcredito, travolta dalle difficoltà delle chiusure e delle riaperture a singhiozzo imposte dall’emergenza sanitaria, ci sono stati la forza di un matrimonio lungo un paio di decenni e il grande spirito di sacrificio e di unione che ha animato genitori e figli. «Siamo riusciti a resistere per un anno quasi senza lavorare – hanno spiegato –, la fede e l’amore ci hanno consentito di non perderci d’animo».
Una resistenza coadiuvata dalla conoscenza del servizio microcredito della Caritas Diocesana che ha messo a disposizione i propri esperti per suggerire quegli strumenti a disposizione per ottenere un supporto in questa situazione economica eccezionale. «Siamo andati all’Help Center della Stazione Centrale solo per parlare – hanno aggiunto – e siamo stati ascoltati, tante volte, e abbiamo ricevuto preziosi consigli».
A curare il servizio è Salvo Pappalardo, ex bancario da diversi anni responsabile delle attività dell’organismo diocesano: «il microcredito, soprattutto in questa fase storica – ha spiegato Pappalardo – è un modo per dire alle famiglie che noi ci siamo, che la Chiesa c’è, che comprendiamo le difficoltà del momento e che non le lasceremo mai da sole».
Dopo la preparazione della pratica del servizio microcredito diocesano, il passo successivo è stato il coinvolgimento dell’Istituto bancario che gestisce l’accesso al fondo e quindi l’ottenimento, nel giro di qualche mese, del piccolo prestito.
«Servono molti elementi perché una pratica possa andare a buon fine – ha spiegato Pappalardo –, si comincia dalla volontà della persona di affidarsi e di fidarsi di noi; poi sono fondamentali anche quei documenti che certifichino un reddito basso e una non eccessiva esposizione e l’apporto dei bancari che curano e seguono la pratica fino all’arrivo in commissione per la sua discussione ed eventuale approvazione».
Per questa famiglia che ce l’ha fatta, ce ne sono tante altre che sono rimaste fuori dal circuito del microcredito. La crisi c’è e si sente: nel corso degli ultimi undici anni, il microcredito della Caritas Diocesana di Catania ha permesso, tramite gli istituti di credito convenzionati, l’erogazione di oltre 800 mila euro fino alla pesante battuta d’arresto degli ultimi due anni che conferma una tendenza di lungo periodo già in atto anche prima della pandemia. Nel 2020 e nel 2021, a causa dell’aggravarsi della crisi economica e del conseguente e diffuso indebitamento per molte famiglie, ormai mediamente soltanto «un ascolto su dieci – ha aggiunto Salvo Pappalardo – riesce poi effettivamente a concludersi con l’erogazione».
Il presente e il futuro si fanno sempre più complicati e da qui un appello a una maggiore consapevolezza da parte di chi gestisce i meccanismi dell’accesso al credito. «Il mondo bancario sta ulteriormente restringendo le norme che definiscono il “default” – si legge nella relazione del Servizio Microcredito disponibile sul sito caritascatania.it –, basta non pagare una rata di un prestito, andare a debito su un conto corrente non autorizzato che si passa nel rango dei “cattivi clienti”». Per operare in questo settore bisogna correre anche il rischio di ritrovarsi con qualche pratica in più in sofferenza perché «dobbiamo avere la consapevolezza – ha concluso Pappalardo – della difficoltà di agire e della complessità dei problemi che queste persone ci pongono; l’altra strada è quella di abbandonarli e quindi lasciarli in mano all’usura e alla malavita».