Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria
Letture: Is 61,10-11; 1Sam 2,1.4-8; Lc 2,41-51
Riflessione biblica
“Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,41-51). Ecco un altro cuore da imitare: ieri quello del Figlio, oggi quello della sua Madre immacolata. Con il suo “sì”, ella ha posto in atto il progetto di Dio, che ci vuole “santi e immacolati al suo cospetto nell’amore” (Ef 1,4). Essa ci è di esempio, in quanto immagine vivente della Chiesa di Dio, che Cristo rende “pura e santa, tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,26-27). E la Chiesa siamo noi, che dobbiamo “essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa e risplendere come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita” (Fil 2,15-16). “Beati i puri di cuore”: una beatitudine che si applica bene a Maria e che ci impegna ad essere come lei “custodi di Gesù e dei detti e fatti di Gesù”, del suo Vangelo di salvezza. Custodire: è leggere attentamente la parola di Dio per conoscere meglio Gesù, stare a lungo con Gesù, parola viva ed eterna di Dio (Maria sostò 30 anni con lui), gustare la sua sapienza che illumina e rende più facile il nostro cammino di santità. Custodire: è impegno a “non lasciare andare a vuoto una sola delle parole di Gesù” (1Sam 3,19), ma in ogni occasione “seguirlo, rinunciando a se stessi e prendendo ogni giorno la sua croce”, e con Maria stare saldi nella fede ai piedi della Croce di Gesù. Meditare: è un’esigenza del cuore che cerca costantemente il Signore, per divenire sapienti e innamorarci di lui che ha parole di vita eterna: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69). La sua parola deve essere per noi cibo gustoso e meditarle è conoscere “le insondabili ricchezze del mistero di Cristo, in cui sono racchiusi tutti i tesori della scienza e della sapienza” (Col 2,3).
Lettura esistenziale
“Scese dunque con loro e venne a Nàzareth e stava loro sottomesso” (Lc 2, 51). Nel Vangelo non troviamo discorsi sulla famiglia, ma un avvenimento che vale più di ogni parola: Dio ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana. In questo modo l’ha consacrata come prima e ordinaria via del suo incontro con l’umanità. Nella vita trascorsa a Nàzareth, Gesù ha onorato la Vergine Maria e Giuseppe, rimanendo sottomesso alla loro autorità per tutto il tempo della sua infanzia e adolescenza. In tal modo ha messo in luce il valore primario della famiglia nell’educazione della persona. Da Maria e Giuseppe, Gesù è stato introdotto nella comunità religiosa, frequentando la sinagoga di Nazaret. Con loro ha imparato a fare il pellegrinaggio a Gerusalemme, come narra il brano evangelico che l’odierna liturgia propone alla nostra meditazione. Quando ebbe dodici anni, rimase nel Tempio, e i suoi genitori impiegarono ben tre giorni per ritrovarlo. Con quel gesto fece loro comprendere che egli si doveva “occupare delle cose del Padre suo”, cioè della missione affidatagli da Dio (cfr Lc 2, 49). Questo episodio evangelico rivela la più autentica e profonda vocazione della famiglia: quella cioè di accompagnare ogni suo componente nel cammino di scoperta di Dio e del disegno che Egli ha predisposto nei suoi riguardi. Maria e Giuseppe hanno educato Gesù prima di tutto con il loro esempio. Nei suoi Genitori, Egli ha conosciuto tutta la bellezza della fede, dell’amore per Dio e per la sua Legge, come pure le esigenze della giustizia, che trova pieno compimento nell’amore (cfr Rm 13, 10). Da loro ha imparato che in primo luogo occorre fare la volontà di Dio, e che il legame spirituale vale più di quello del sangue. La santa Famiglia di Nàzareth è veramente il “prototipo” di ogni famiglia cristiana, sul suo esempio, possa ogni famiglia essere segno di unità e di amore oblativo, mettendo al centro Cristo.