Commento al Vangelo di Don Ciro Lo Cicero
XV domenica del Tempo Ordinario
Letture: Deuteronomio 30,10-14; Salmo 18; Colossesi 1,15-20; Luca 10,25-37
In quel tempo (…) Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino (…)».
Il brano del Vangelo di questa domenica ci presenta la stupenda parabola del samaritano, che la maestria narrativa di Luca incornicia tra i due dialoghi di Gesù con un dottore delle legge, il quale avvicinandosi a Gesù gli pone una domanda molto concreta: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». (v.25)
La risposta tutti la conoscevano, e Gesù la sollecita dalle labbra stesse dello scriba: l’amore sincero verso Dio e verso il prossimo è il mezzo per ottenere la Vita eterna.
Ma il dottore della legge, interessato non tanto a conoscere il pensiero di Gesù quanto piuttosto a metterlo in imbarazzo davanti agli uditori, gli pone una domanda insidiosa: «E chi è mio prossimo?». (v.29)
Una doverosa precisazione: ai tempi di Gesù il termine “prossimo” non era chiaro a quale categoria di persone attribuirlo, se al proprio gruppo religioso, politico, familiare, etnico o nazionale.
Il dottore delle legge, forse, si attendeva una risposta che gli indicasse la categoria di persone da amare, così da escludere le altre, ma Gesù risponde raccontando una parabola, che tutti molto bene conosciamo.
Il problema non è sapere chi è il nostro prossimo, ma come diventare prossimo dell’altro!
Gesù ci fa capire che non siamo noi a scegliere “chi” secondo i nostri gusti, le nostre categorie e simpatie. Amare il prossimo vuol dire andare incontro a chi è nel bisogno senza distinzioni di classi, di sangue, di nazionalità.
Lungo il cammino della nostra vita potrà capitarci, se già non è successo, di incontrare gente afflitta da varie difficoltà e dispiaceri; gente provata dalla povertà, dalle malattie, dalle incomprensioni; gente senza fede e senza alcuna speranza; gente umiliata e offesa nei loro diritti, e così via.
Dinanzi alle tante miserie e povertà dei nostri fratelli, noi cristiani non possiamo rimanere indifferenti! Non possiamo fare finta di non capire, di non vedere, di non sentire e di non sapere.
Gesù oggi rivolge anche a noi lo stesso invito. E’ un invito a lasciarsi toccare dalla misericordia, ogni giorno, e ad adottarla come stile e ragione di vita: «Va’ e anche tu fa così» (v.37).
Buona riflessione e buona domenica!