di FraPè – È ancora buio, iniziano ad accendersi le prime luci del mattino, a Messina che sto attraversando questa mattina come faccio ogni notte quando cerco Gesù sotto i portici, alla Stazione Centrale, nelle case che sembrano un tugurio… è buio, come questa nostra seconda Pasqua di pandemia. Ma, almeno quest’anno, la pietra della solitudine è stata ribaltata: distanziati, stanchi, fragili, abbiamo, però, potuto celebrare il Triduo, abbiamo potuto scorgere quella piccola fiamma di quel fuoco nuovo che è stato acceso in un piccolo braciere che ci invita ad allontanare dal nostro cuore la tristezza e far posto alla speranza e alla gioia. Anche se con lo sguardo e coi i gomiti, possiamo scambiarci gli auguri.
E’ stato un giro veloce, quasi per cercare di capire cosa provavano Maria di Magdala, e poi tutto il resto della compagnia quando il mattino di Pasqua, sicuramente dopo una notte insonne sono andati a cercare Gesù.
Quella ricerca non si è fermata, continua oggi con tutti noi che non dobbiamo cessare di cercarlo, guai ad addormentarci, a distrarci, a girarci dall’altro lato. La fede è una lotta continua diceva un mio confratello, ed è vero, non puoi non correre,lottare come Maria, non puoi non perdere di vista colui che è stato crocifisso. Non possiamo perdere di vista i crocifissi che stanno attorno a noi. Ma non possiamo neppure fermarci ai piedi del Golgota, non possiamo fermarci sotto la croce e piangerci addosso, bisogna correre. La fede del cristiano non è qualcosa di statico, non può essere impaludata o inchiodata, ma è qualcosa di dinamico, che ci deve mettere in continuo movimento . È una corsa a perdifiato per andare, correre, vedere. Anche ora, proprio ora che tutto sembra più faticoso e difficile. Bisogna lasciarci alle nostre spalle tutte le paure e le incongruenze, i limiti e i peccati e saper cogliere i segni semplici della resurrezione. È davvero il tempo di cambiare. Tempo di accelerare il nostro passo.
È l’amore di un Dio che muore per noi e che per noi risorge.
Ed è proprio in questo momento di grande difficoltà che il Signore ci sta dicendo “Hei tu che ti stai deprimendo perché non hai lavoro, perché credi che nessuno ti capisca, perché hai perso una persona cara, perché vorresti uscire a divertirti con gli amici e non lo puoi fare.. rotola i massi che impediscono al tuo cuore di vedere la luce, perché Pasqua è la festa dei macigni rotolati via, delle pietre rovesciate dall’imboccatura del cuore, dall’ingresso dell’anima”.
Gioisci, gioiamo perché Cristo è nostra Pasqua, è quel ponte che ci fa attraversare gli egoismi, le paure, che ci permette di vedere tutto in maniera diversa… ci fa vedere tutto alla sua maniera, alla maniera di Dio che ama essere umano per essere solidale con l’umanità.
Non è morto è risorto, non è qui, perché cercate colui che è vivo tra i morti. Lui è il vivente, un Dio sempre presente, il Dio con noi, anzi tra noi. C’è, ma va cercato fuori dal territorio delle tombe, dalle sale di catechismo, dai conventi o dalle sacrestie, lui continua la liturgia in giro per le strade, per le case, nelle fabriche, nei posti di lavoro, nei luoghi di spaccio e di prostituzione… in quei luoghi che scartiamo come scartiamo chi ci sta…
E allora uniamoci anche alla corsa di Pietro e Giovanni che essendo più giovane arriva prima.
Mi piace ciò che Paolo Curtaz dice commentando questo versetto: “È più giovane, certo, ma è anche un modo delicato per dire che l’amore corre e arriva sempre prima. Che l’amore si fida e crede. Prima di Pietro, dell’autorità, della Chiesa, del ministero, dell’istituzione. C’è sempre questo duplice aspetto nella vita di fede: intuizione e istituzione, carisma e magistero, Giovanni e Pietro. Ma è l’amore che precede. Nessuno si converte al risorto sul ragionamento o sull’abitudine. È anarchico l’amore, creativo, intuisce, arriva subito alla conclusione. Corre. Ma, è questo è bellissimo, Giovanni si ferma e lascia passare Pietro. Lo rispetta. Sa che entrambe le dimensioni sono essenziali. Il carisma brucia, l’esperienza pondera. L’amore è folle, la prudenza lo incarna”.
Non facciamoci tarpare le ali, rotoliamo i massi, apriamo le tombe, usciamo in strada, cerchiamo il Risorto. Abbiamo altri cinquanta giorni, dieci in più della quaresima, per convertirci alla gioia, per vivificare la nostra fede seduta e comoda. Cinquanta giorni per passare dalla visione crocefissa della fede ad una luminosa e gioiosa, dinamica e folle come il nostro Dio che si fa ammazzare per amore. Da una fede dolente e spenta, rassegnata e claudicante, ad una forte e piena di speranza e di letizia.
Se sappiamo lottare per non farci rubare la gioia sarà sempre Pasqua di Resurrezione. Auguri, buona corsa!
LettureAt 10,34.37-43/Col 3,1-4/Gv 20,1-9