• 22 Novembre 2024 1:04

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Corpus Domini, San Francesco e l’Eucarestia

Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre.(FF. 221)

L’EUCARESTIA AL TEMPO DI FRANCESCO.
L’epoca di San Francesco segna il momento di maggior calo nella pratica della comunione eucaristica, dovuto ad un complesso di cause storiche: c’erano sacerdoti che, per guadagnare con le messe, celebravano varie volte al giorno; altri abbandonavano il tabernacolo che era un nido di topi, molte chiese parevano delle taverne. I fedeli non si comunicavano e alcuni credevano che l’adorazione dell’ostia consacrata fosse migliore cosa che comunicarsi, e perciò passavano di chiesa in chiesa per “vedere” la consacrazione. La teologia eucaristica era diventata la teologia della “presenza” di Cristo. Presenza considerata più in sè che nella sua finalità di salvezza. Da qui: culto eucaristico e devozione verso l’ostia. E poi il peggio di tutto: c’erano dei sacerdoti che celebravano per il popolo conducendo una vita morale molto discutibile.
Insieme con questo grave stato di decadenza, si registravano anche i fermenti di una nuova devozione al corpo di Cristo, specialmente in ambienti mistici, e notevoli sforzi di ripresa della prassi eucaristica da parte delle autorità ecclesiali. Nel 1219 infatti, Onorio III emette una bolla che cercava di dare norme più precise sulla cura di tutto quello che apparteneva al culto eucaristico.
Francesco si trovava allora in Oriente, ma, al ritorno, si sentì chiamato ad essere come portavoce dei “precetti di santa madre Chiesa” (209), come un crociato la cui arma non fu la persecuzione dei trasgressori ma la persuasione, partendo da motivazioni di fede profonda.

L’EUCARESTIA PER FRANCESCO
Verso il 1222 intraprese una vera campagna servendosi di quel metodo di predicazione per lettere inventato da lui quando ormai non gli era più possibile portare direttamente le parole del Signore. Sono 6 i messaggi scritti di argomento eucaristico, inclusa la Prima Ammonizione. Ma Francesco non sviluppava una teologia organica dell’ eucarestia. Era un uomo del popolo, non un teologo. Egli piuttosto, nel suo stile-esortativo, la fa oggetto continuo d’attenzione; come se volesse subito mettere in chiaro che, senza Eucarestia, nessun aspetto della vita cristiana si regge. Egli ha una visione di fede ben precisa. Egli non conosce la frattura tra celebrazione eucaristica e culto al sacramento, ma conserva una visione unitaria, che si concentra sulla Persona del Cristo. Un Cristo che non è quello del ricordo devoto, contemplato nella vita terrena, ma un Cristo vivente e vivificanfe nella pienezza della gloria che “riempie delle sue grazie tutti coloro che ne sono degni, presenti ed assenti” (FF 223). L’Eucarestia è segno efficace di UNITA’ che viene vista da Francesco nell’unione intima e feconda che si raggiunge con Cristo quando, comunicati al suo corpo e al suo sangue, ci lasciamo trasformare per diventare suoi sposi, fratelli e madri.
Leggendo gli scritti, vediamo che il vangelo di S. Giovanni ricorre moltissime volte, in quel modo usuale di Francesco di citare fedelmente il testo aggiungendo poi sue variazioni. Giovanni aveva legato fortemente il sacramento del battesimo all’eucarestia (vedi nozze di Canaa, sangue ed acqua da costato di Gesù, banchetto imbandito da Gesù risorto sul lago di Tiberiade subito dopo la pesca miracolosa) dal momento che entrambi, hanno lo stesso fine, quello di trasmettere la vita divina e quindi ambedue sono indispensabili per entrare nel regno di Dio; l’uno perchè fa nascere alla vita eterna, l’altro perchè la nutre e la mantiene. Quindi ambedue i sacramenti sono messi in stretta relazione con lo spirito e la vita. Proprio questa stretta relazione dell’ eucarestia con lo Spirito Santo è espressa in maniera che può sembrare strana da Francesco, che ne ha intuito il profondo legame alla maniera di S. Giovanni. Dopo aver affermato la necessità di mangiare la carne e bere il sangue di Gesù per avere la vita eterna, nelle Ammonizioni continua dicendo:«Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. Tutti gli altri, che non partecipano dello stesso Spirito e presumono ricevere il santissimo corpo e il sangue del Signore, mangiano e bevono la loro condanna». E’ necessario possedere lo Spirito avuto nel Battesimo per ricevere degnamente e fruttuosamente l’eucarestia, essendo lo Spirito all’inizio e al termine di questi due sacramenti. E’ lo Spirito di Gesù a comunicare all’acqua la sua efficacia vivificante, ma è anche lo Spirito a cambiare il pane e il vino in carne e sangue di Gesù.
E’ lo Spirito che dona la fede e rende idonei il credente a ricevere il battesimo, ma è anche lo Spirito a donare la fede nel a presenza di Cristo nell’eucarestia e a rendere idoneo il credente a ricevere fruttuosamente e degnamente il corpo e il sangue di Cristo. In tal senso vanno capite le parole di Cristo citate nella sinagoga di Cafarnao (Gv 6.63) e quelle di Francesco: «E’ infatti lo Spirito che dà la vita, la carne invece non giova a nulla». Francesco nella Lettera ai Fedeli, insiste sulla necessità assoluta di mangiare la carne e bere il sangue di Cristo per avere la vita eterna. Questo insegnamento è ripreso poco più avanti con queste parole: «Dobbiamo anche visitare frequentemente le chiese e riverire i sacerdoti, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per l’ufficio di ministri del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che essi consacrano sull’altare e ricevono e distribuiscono agli altri. E ricordiamoci bene tutti che nessuno può essere salvo se non per il sangue del Signore nostro Gesù Cristo e per il ministero della parola di Dio che i sacerdoti proclamano e annunciano e amministrano, ed essi solo debbono amministrare, non altri». (FF 193-194)

Da questa necessità dell’eucarestia, Francesco ricava la necessità del sacerdozio cristiano, e dalla venerazione all’eucarestia e alla parola di Dio egli attinge la venerazione per i sacerdoti che l’una e l’altra amministrano. E’ questo un punto forte della dottrina e spiritualità di Francesco che egli non cessa mai di raccomandare (Test 9-12, RNB 19,3-4) L’influenza del Vangelo di Giovanni sulla devozione eucaristica di Francesco si rivela anche nel collegamento stretto che egli vede tra eucarestia ed incarnazione. Per Giovanni l’eucarestia è la carne del Figlio di Dio che è disceso dal cielo, ad immagine della manna che scendeva dal cielo. Con la sua scelta del termine «carne» anziché del termine «corpo», per indicare l’eucarestia, Giovanni vuole legare questo sacramento al momento storico in cui «il verbo si fece carne ed abita fra noi».
Nella Lettera ai fedeli, in cui Francesco si propone di «riferire le parole del Signore nostro Gesù Cristo», il ricordo della istituzione eucaristica è il primo ad affacciarsi alla sua mente in stretta connessione con l’incarnazione, due dei grandi amori di Francesco«L’altissimo Padre annunciò che questo suo Verbo, così degno, così santo e così glorioso sarebbe venuto dal cielo, l’annunciò per mezzo del suo arcangelo Gabriele alla santa e gloriosa vergine Maria, dalla quale ricevette la carne della nostra fragile umanità …. Prossimo alla sua passione, celebrò la Pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane, rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: prendete e mangiate, questo è il mio corpo». Incarnazione e Pasqua sono qui collegate insieme nell’eucarestia, così come nelle Ammonizioni“Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.”
Anche qui ricorre lo stesso realismo incarnazionista di stampo giovanneo: la discesa del Figlio di Dio dal cielo, dal seno del Padre, il suo apparire nella carne, la sua contemplazione per fede, il suo farsi pane. In ambedue i misteri, Francesco ammira ed ama la povertà e l’umiliazione del Verbo che si fa carne e pane, cioè realtà fragili, povere ed umili. Eppure in queste realtà storiche e sacramentali povere ed umili si nasconde la gloria del glorioso e sommo Dio da scoprire con la fede. E’ questo un pensiero che lo accompagna sempre e affiora qua e là dalla sua penna.

Nelle raccomandazioni che Francesco rivolge a tutti i sacerdoti, in una lettera a loro riservata, dice: “Badiamo, quanti siamo chierici, di evitare il grande peccato e l’ignoranza che certi hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, ai santissimi nomi e alle parole di lui scritte, che consacrano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo, se prima non è consacrato dalla parola. Niente infatti abbiamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali fummo creati e redenti da morte a vita» Il vedere con gli occhi corporei richiama qui l’esperienza descritta da Giovanni con le parole: “noi abbiamo visto” Come allora il Verbo fu visto e toccato dagli uomini, e contemplato con ammirazione con gli occhi della fede, così ora, specie nell’eucarestia, esso è visto e toccato, ma solo la fede permette di contemplarlo nella sua dività nascosta. dai segni esterni. Al pari di questa esperienza storica, l’esperienza sacramentale fa passare «da morte a vita».
In questo realismo sacramentale della presenza corporea di Cristo, va inquadrata la profonda devozione che Francesco ebbe per l’eucarestia e che, come abbiamo visto, inculcava ai sacerdoti. Ecco come la descrive Tommaso da Celano: «Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità. Riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare ogni giorno la Messa, anche se unica, se il tempo lo permetteva. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri. Infatti, essendo colmo di riverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e, quando riceveva l’agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore”.
L’accenno all’Agnello immolato richiama spontaneamente l’Apocalisse, ma anche il Vangelo di Giovanni, dove Gesù è così presentato in vista della Pasqua e quindi del banchetto eucaristico. E’ il tema che ricorre anche nella Lettera al capitolo, in un passo dove appunto Francesco tratta dell’eucarestia: «L’uomo, infatti, disprezza, contamina e calpesta l’Agnello di Dio, quando, come dice l’apostolo, non distinguendolo nel suo giudizio, nè discernendo il santo pane del Cristo da altri cibi e azioni, lo mangia essendo in peccato; oppure senza essere in peccato, lo mangia con leggerezza senza le dovute disposizioni”.