Quarto appuntamento “Con Francesco d’Assisi alla scoperta di Dio e dell’uomo” che ci aiuta a conoscere meglio la figura del Poverello attraverso un lavoro di Fra Arturo Milici Frate Minore che attualmente è inserito nella Fraternità di Ravanusa.
di Fra Arturo Milici – “¹Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in paradiso. ²E noi per colpa nostra siamo caduti” (Rnb XXIII,1-2: FF 63).
Con queste parole inizia la lunga preghiera di rendimento di grazie universale (Regola non bollata, capitolo XXIII), che accompagnerà il nostro viaggio tra gli scritti di Francesco, alla ricerca della sua intuizione su Dio e sull’uomo.
Dopo aver invocato l’Altissimo con una serie di attributi che sottolineano la Sua trascendenza, ma in parte anche la Sua familiarità (“Padre”), Francesco rende grazie a Dio innanzi tutto non per quello che ha fatto e fa in rapporto al mondo (l’opera della creazione), ma semplicemente per quello che è in Se stesso. “Propter temetipsum gratias agimus tibi”: “per Te stesso Ti rendiamo grazie”. E’ lo sguardo di contemplazione gratuito, adorante, estatico, innamorato della creatura rivolta al suo Creatore.
Soltanto dopo averlo adorato e contemplato per Se stesso, Francesco ringrazia il Creatore per aver creato l’universo: “perché per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali”. La creazione è colta come opera dell’intera Trinità, secondo la tradizione cristiana che legge l’Antico Testamento alla luce del Nuovo.
Ogni elemento del mondo, visibile o invisibile, è riconosciuto come proveniente dalla volontà salvifica di Dio-Trinità. Da un lato, dunque, ogni realtà esistente è nettamente subordinata al suo unico Creatore, al di là di qualsiasi concezione pagana, animista o dualista. D’altro lato, ogni creatura è contemplata e riconosciuta come buona, in quanto corrispondente al progetto divino. Francesco supera qualsiasi accentuazione cosmofobica, sia essa di matrice dualista (come quella dei Catari nel Duecento), sia essa di derivazione cattolica (come la spiritualità del contemptus mundi di papa Innocenzo III).
In un altro scritto (stavolta in volgare), in assoluto tra tutti i suoi scritti il più noto, il Poverello ritorna ampiamente sul tema della creazione in rapporto al Creatore. Anche il Cantico di frate Sole si apre, come Rnb XXIII, con uno sguardo adorante rivolto al totalmente Altro:
“¹Altissimu, onnipotente, bon Signore,/ ²Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedizione. ³Ad Te solo, Altissimo, se konfane,/ ⁴et nullu homo ène dignu Te mentovare” (Cant 1-4: FF 263).
Tuttavia il tenore del discorso cambia, rispetto a Rnb XXIII, quando in scena fanno ingresso le creature:
“⁵Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le Tue creature,/ ⁶spezialmente messor lo frate Sole…” (Cant 5-6: FF 263).
Qui non è più l’uomo che rende grazie a Dio per le creature, per aver creato il mondo, come in Rnb XXIII. Qui l’uomo (Francesco), quasi direttore dell’orchestra universale, si assume il compito di offrire al Creatore la lode che sale a Lui dalle creature, attraverso ciascuna di loro.
E qui all’uomo Francesco la creazione si svela, quasi anticipando il compimento pasquale, escatologico della storia cosmica, come una fraternità universale. Un’unica famiglia che comprende non solo l’intera umanità, ma anche le creature irrazionali e quelle inanimate, fino alla stessa morte. Una famiglia universale, nella quale unico Padre è il Creatore, e ogni altro essere è fratello o sorella.
Fratello e sorella. Anche all’interno di questo sguardo mistico, escatologico, pienamente riconciliato del Cantico, la creazione è e rimane una realtà sessuata. Memoria di quell’armonia delle origini, perduta e poi ritrovata, che dall’umanità si estende a tutto il cosmo: “E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Realtà sessuata impressa nella creazione, in ogni creatura, come segno di Dio stesso che è Amore.
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