Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Martedì della I settimana del Tempo Ordinario
Letture: Eb 2,5-12; Sal 8; Mc 1,21-28
Riflessione biblica
“Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!” (Mc 1,21-28). Suscita stupore Gesù! E i suoi ascoltatori sono attratti dal suo parlare, perché è un “insegnamento nuovo e con autorità”. Un insegnamento nuovo: non come quello degli scribi, che scrutavano le Scritture, ma non possedevano quello Spirito che cambia il cuore e purifica i nostri pensieri, parole e azioni, ci fa pensare ed agire alla maniera di Dio; cambia la vita, se esse penetrano in noi fino a divenire “spirito e vita” (Gv 6,63): “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69). Gesù non predica una dottrina che “sa di imparaticcio di precetti umani” (Is 29,13), ma insegna ed agisce in perfetta sintonia con il Padre: “La parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,24). E per questo, Gesù può dire “chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv 5,24). Perché sempre unito al Padre, Gesù insegnava con autorità: comunicava la salvezza di Dio per il corpo e per lo spirito. Egli è la “Parola che si è fatta carne” (Gv 1,14) e “dalla sua pienezza riceviamo grazia su grazia” (Gv 1,16). Essa è parola “viva, efficace, più tagliente di ogni spada a doppio taglio, penetra nel nostro spirito, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebr 4,12). Pertanto, non basta gridare con l’indemoniato: “Tu sei il santo di Dio!”, ma bisogna lasciarsi penetrare dalle parole di Gesù: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69). Le sue parole sono spirito e vita, perché è lo Spirito Santo che ce le comunica (Gv 6,63)
Lettura esistenziale
“Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi” (Mc 1, 22). Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù che, in giorno di sabato, predica nella sinagoga di Cafarnao, la piccola città sul lago di Galilea dove abitavano Pietro e suo fratello Andrea. Al suo insegnamento, che suscita la meraviglia della gente, segue la liberazione di «un uomo posseduto da uno spirito impuro», che riconosce in Gesù il «santo di Dio», cioè il Messia. In poco tempo, la sua fama si diffonde in tutta la regione, che Egli percorre annunciando il Regno di Dio e guarendo i malati di ogni genere. La parola che Gesù rivolge agli uomini apre immediatamente l’accesso al volere del Padre e alla verità di se stessi. Non così, invece, accadeva agli scribi, che dovevano sforzarsi di interpretare le Sacre Scritture con innumerevoli riflessioni. Inoltre, all’efficacia della parola, Gesù univa quella dei segni di liberazione dal male. Spesso per l’uomo autorità significa possesso, potere, dominio, successo. Per Dio, invece, l’autorità significa servizio, umiltà, amore; significa entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi dei discepoli (cfr Gv 13, 5), che cerca il vero bene dell’uomo, che guarisce le ferite, che è capace di un amore così grande da dare la vita. In una delle sue Lettere, santa Caterina da Siena scrive: «È necessario che noi vediamo e conosciamo, in verità, con la luce della fede, che Dio è l’Amore supremo ed eterno, e non può volere altro se non il nostro bene».
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