di Giuliana Romeo – È da ammettere che nella desolazione delle città spente e vuote durante il lockdown tutto sembrava monocolore. A mancare erano i colori degli abiti delle persone, delle auto, di tutto ciò che muove i nostri tempi accelerati.
Certo, lo scautismo nasce come esperienza concreta, come incontro di sorrisi e braccia tese alla condivisione autentica, pertanto “gettando il cuore oltre l’ostacolo” e “sforzandosi di vedere ciò che splende oltre le nuvole più nere” si è tornati ad essere comunità in presenza.
Fare attività scout è infatti consentito – come spiega il documento Agesci “Zaini in spalla: non abbiate paura” – prestando molta attenzione alla situazione epidemiologica e alle disposizioni del Governo (prediligere spazi all’aperto e i piccoli gruppi, mantenere le distanze ecc.). L’intento è quello di rinsaldare i legami e ripensare la prossimità, dopo aver mantenuto viva la relazione educativa nei giorni più tristi della pandemia. Nonostante le incertezze e i rischi, molte comunità scout d’Italia hanno deciso di ricominciare, di accogliere l’invito dell’Agesci, mosse dall’esigenza di rispondere ai bisogni educativi dei ragazzi e delle ragazze.
Sono loro, coccinelle e lupetti, guide ed esploratori, scolte e rover ad esortarci in questa impresa, a intraprendere le strade di coraggio, ad essere tutti, adulti e piccini, testimoni della speranza. Abbiamo assistito ad una grande partecipazione dei ragazzi e delle ragazze alle attività e questo ci ha spinto a continuare, a non fermarci. È forte in loro il bisogno di stare insieme, di ricucire i rapporti sociali attraverso il gioco e la condivisione. Tra i loro desideri c’è quello di rivedere presto i sorrisi degli amici e di vivere l’avventura scout con le tende, il fuoco e il suo calore.
Il metodo scout corre in nostro aiuto con lo strumento della “vita all’aperto”: tornando ad abitare le piazze, le spiagge, i parchi abbiamo colorato con i nostri fazzolettoni le città, abbiamo imparato ad affinare l’ascolto laddove il tatto deve essere necessariamente trascurato, abbiamo imparato ad interpretare le espressioni dei nostri corpi, a sorridere con gli occhi perché le nostre bocche sono coperte. Abbiamo imparato a scoprire in questa emergenza un’occasione per mettere in atto lo scouting: “osservare, dedurre, agire”, queste tre tecniche per andare preparati verso l’ignoto, verso gli imprevisti che la vita ci riserva.
Gli scouts sono chiamati a vivere anche questo periodo così strano per le relazioni umane come un momento cairologico, di crescita, di scouting, con la forza e il sostegno di Dio e della comunità. Se è vero che “da soli non si può fare nulla” allora soltanto insieme si possono inventare strade nuove per essere testimoni di speranza.