In mano ha un porcellino e un polpetto di plastica con i quali, in braccio a papà, gioca, sorridendo. Alla vista di un casco da motociclista, tenuto in mano una giornalista, la piccola Cloe sgattaiola fuori da una gigantesca autobotte dei vigili del fuoco. Richiamata dai disegni colorati di quello strano copricapo, ma soprattutto dai disegni: un sole, alcuni pappagalli, degli ombrelloni. La bimba, tre anni appena, fa capire che vuole indossarlo e quando ci riesce manifesta tutta la sua gioia mandando baci con la mano alla giornalista e a tutti quelli che si fermano divertiti a guardarla.
Cloe e i suoi genitori sono sbarcati ieri a Lampedusa, insieme ad altre migliaia di profughi. Dall’hotspot di contrada Imbriacola, percorrendo una strada ricolma di coperte termiche abbandonate, scarpe, bottigliette d’acqua vuote e altri rifiuti, accompagnati da un odore nauseabondo, si arriva all’area di presidio dei vigili del fuoco dove si trovano ammassati, ovunque vi sia un minimo di ombra, centinaia e centinaia di migranti: famiglie con donne e bambini per la maggior parte. Tutti in attesa di salire sugli autobus che li devono traferire al porto per imbarcarsi sulle navi militari e i traghetti diretti verso la terraferma. Una autentica “marea umana” controllata a vista dalle forze dell’ordine coordinate dal dirigente del nascente commissariato di polizia, il vice questore Roberto Cilona.
Nell’area sterrata, i bambini, alcuni dei quali sono scalzi, si rincorrono felici, senza però mai allontanarsi da mamma e papà. Cloe guarda tutti stupefatta, giocando sempre con i suoi animaletti di plastica. Assieme ai genitori, originari del Senegal, è partita da Sfax, in Tunisia, ed ha fatto un viaggio di quattro giorni. Non sa di trovarsi a Lampedusa, estremo lembo d’Europa. Per lei è “Italy”, solo “Italy”. Ha gli occhi svegli, è curiosa, continua a fare, con indice e medio, il segno della vittoria; mamma e papà sperano possa diventare un bravo medico.
A pochi passi da lei altri due fratellini si tengono per mano, senza staccarsi neanche per un secondo, e un neonato di appena un mese. Un bimbo tutto infagottato, perfino con il berrettino e le scarpette di lana. Lo tiene stretto, in braccia la sua mamma, mentre dorme beato ed inconsapevole. “Non so dove andremo, non lo so – dice la mamma in un italiano stentato – . Ma so che qui c’è un futuro, soprattutto per lui”.