di Francesco Pelizzotti – Non va via solo il Fondatore del centrodestra italiano, il presidente “operaio”, l’unto del Signore, espressioni che molti Millennials nemmeno conoscono, va via un’idea peronista di paese che ha di fatto cambiato i connotati della politica italiana. Ha governato e tanto, ha legiferato e tanto, ha anche dato una visione di nazione slegata dalla “partitocrazia” (v. Marco Pannella) traducendola però nel “culto del capo” di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Non abbiamo mai avuto i comunisti al potere in Italia non perché c’era Berlusconi ma perché in fondo il suo movimento politico “Forza Italia”, almeno quello del periodo d’oro dei consensi, mutuava l’approccio leninista di partito (v. Piero Ignazi) che tanto faceva di Berlusconi il padre, il marito, l’amante, l’imprenditore, il dipendente pubblico, la persona pulita e per bene, il desiderio di molti italiani di diventare come lui (v. Desiderabilita’ sociale).
In più aveva messo tutti dentro, sdogando i post fascisti e dando protezione e agibilità politica ad una intera classe politica spazzata da Tangentopoli o ritenuta causa del declino italiano (democristiani, socialisti anche ex comunisti, liberali, repubblicani, laici “osservati” del sentimento religioso).
A casa mia non abbiamo mai votato Forza Italia. Siamo di quelle famiglie che più che agli effetti speciali, guardiamo a cosa sarà della società tra qualche anno. Le promesse non si fanno nemmeno ai bambini, proprio perché fanno male e sono diseducative. Figurarsi agli elettori.
A differenza dei militanti e attivisti che in Berlusconi ci hanno visto il male assoluto, io personalmente ci ho visto comunque un segno di vitalità nel paese, di buona educazione per certi versi, almeno nei primi anni della Seconda Repubblica. Il Cavaliere cortese da una parte e il professore Prodi dall’altro a mettere ordine alla sua classe di scalmanati (il centrosinistra antiberlusconiano).
Su Berlusconi si scriverà molto. È giusto così!
Intanto condoglianze alla famiglia.