Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Sabato dopo le Ceneri
Letture: Is 58,9-14; Sal 85;Lc 5,27-32
Riflessione biblica
“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano” (Lc 5,27-32). Mi commuovono queste parole di Gesù! Per Gesù, essere peccatori non è motivo di esclusione. Anzi, Gesù si fa solidale con i peccatori, partecipa con loro al pranzo senza paura di essere contaminato, si immerge nel loro mondo per far sorgere in essi il desiderio di conversione. Egli sta tra loro, perché la sua missione è quella di salvare i peccatori, di guarire le ferite della mente e del cuore. Convertirsi non è iniziativa dell’uomo, ma opera di Dio: “Non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha misericordia” (Rom 9,16). Per questo, Gesù sta con i peccatori per sollecitarli al cambiamento: rinunciare al proprio io e far regnare Dio. È la storia della salvezza, che si snoda tra peccato e redenzione: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati” (Ef 2,3-5). Ne fece esperienza il pubblicano Levi. “Lasciò tutto”: e trovò il tesoro nascosto (Mt 13,44), la comunione di vita con Gesù; rimase con Gesù e Gesù divenne la sua vita: “Il mio vivere è Cristo” (Fil 1,21). “Si alzò”: come il “figliol prodigo” (Lc 15,20), cambiò la direzione della sua vita, si attivò per la sua salvezza. “Lo seguì”: comprese che Gesù è l’unica salvezza; rinnegò se stesso e il suo passato e dietro a Gesù imparò anche lui che solo la misericordia cambia l’uomo e il mondo. E fu festa: “Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7). E non solo Levi, ma anche molti pubblicani e peccatori. E Gesù vi partecipò insieme con colui che l’ha seguito con prontezza: “Seguimi, ed egli lo seguì” e imparò da Gesù un nuovo modo di essere e di vivere.
Lettura esistenziale
“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano” (Lc 5, 31-32). E chi ha il coraggio e l’ardire di considerarsi sano o giusto davanti a Dio? Il Signore ci doni la Sua luce per riconoscere le nostre piaghe, la nostra lebbra, le ferite che ci bruciano e che hanno bisogno della Sua Grazia, del Suo Amore e della Sua Misericordia per guarire. Perché il malato guarisca è indispensabile che prima di tutto riconosca di non essere sano e di avere bisogno del medico e delle cure adatte al suo caso. È così grande il desiderio di guarire, in chi è malato, che egli è disposto ad accettare qualsiasi cura, anche se questa gli comporta delle severe rinunce, pur di riacquistare la salute desiderata. Sul piano spirituale è la medesima cosa. Sintomi che non stiamo bene sono, per esempio: la tristezza, l’ira, il nervosismo, la disperazione, ecc… Come dei campanelli d’allarme dovrebbero spingerci a cercare il Medico celeste prima che il male si diffonda sempre più e divenga più forte e più difficile da estirpare. La miglior cura in questi casi è il ricorso alla Confessione sacramentale. Gli effetti della Confessione in noi sono i seguenti: il perdono dei peccati e quindi la riconciliazione con Dio e con la Chiesa; il ritorno allo stato di grazia; la cancellazione della pena di condanna all’inferno meritata per i peccati gravi; la pace della coscienza; la serenità dello spirito e il rafforzamento interiore di fronte alle vicende della vita, soprattutto contro il male. Anche se avessimo commesso i peccati più gravi possiamo diventare santi se ci pentiamo, confessiamo la nostra miseria e accogliamo con fiducia la misericordia di Dio. I peccati non confessati invece sono come un tarlo che ci consuma con i suoi ricordi.