Chi sei tu che giudichi?

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Lunedì della XII settimana del Tempo Ordinario

Letture: 2Re 17,5-8.13-15.18; Sal 59; Mt 7,1-5

Riflessione biblica

“Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi” (Mt 7,1-5). Di solito, ci si ferma alla prima parte dell’insegnamento di Gesù: in fondo è meglio astenersi dai giudizi verso gli altri: “Chi sei tu, che giudichi un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone” (Rom 14,4). Inoltre, invece di giudicare siamo invitati a “convertirci”: “Chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose. Tu che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di Dio? O disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua clemenza e della sua magnanimità, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?” (Rom 2,1.3-4).cuore-indurito-300x200 Chi sei tu che giudichi? Tuttavia, la “conversione del cuore” non sta nel “non giudicare”, ma nel “giudicare con “la giusta misura”, cioè giudicare con misericordia. Gesù non proibisce il giudizio, ma l’uso improprio e cattivo che se ne fa: “Non giudicate secondo le apparenze; giudicate con giusto giudizio!” (Gv 7,24). I nostri giudizi sono sempre limitati: non conosciamo tutta la verità, anzi spesso giudichiamo in base ai pregiudizi nostri o di altri. E meglio astenersi che parlare solo per sentito dire o perché noi la pensiamo diversamente dagli altri. È meglio seguire il consiglio di Gesù: “Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi”. La misura da usare è la misericordia: cioè uno “sguardo puro” che cerca di giudicare favorevolmente il fratello, proiettando in lui l’amore che Dio ha su lui. Ricordiamoci questo santo insegnamento: “Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia. La misericordia ha sempre la meglio sul giudizio” (Gc 2,12-13). Evitiamo di giudicarci a vicenda: rischiamo di trovarci con una “trave nell’occhio”, che non ci fa vedere i nostri errori e sbagli che commettiamo contro la carità, la quale “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,7

Lettura esistenziale

“Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dell’occhio del tuo fratello” (Mt 7, 5). La trave che impedisce di vedere bene è la superbia che ci fa ritenere migliori e più giusti degli altri e fa scattare in noi il giudizio di condanna e di biasimo per l’operato altrui. Per togliere invece la pagliuzza dall’occhio del fratello bisogna prima di tutto essere umili e misericordiosi, consapevoli che anche noi commettiamo le stesse o simili colpe che riscontriamo negli altri. Il fratello infatti ci fa da specchio. Col prossimo dobbiamo usare la stessa misericordia che vorremmo fosse usata a noi se ci trovassimo in un caso simile.

Si racconta di S. Gabriele dell’Addolorata che, giunto sul finire della sua breve vita, mostrava tanta serenità e allegria da stupire gli astanti che gli chiesero da dove gli venisse tanta gioia, ed egli rispose che, nella sua vita, si era sforzato di non giudicare mai nessuno e che, per questo, ora non temeva il giudizio di Dio.

È giusto che facciamo discernimento sui fatti, distinguendo il bene dal male, per seguire l’uno e rigettare l’altro, ciò che non dobbiamo fare è giudicare la persona, perché solo Dio conosce il cuore dell’uomo e pertanto solo a Lui compete il giudizio.

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