Ricorre quest’anno un anniversario simbolicamente importante, quasi un “piccolo” giubileo, i sette secoli e mezzo dalla morte (1274-2024) di due grandi santi, entrambi Dottori della Chiesa, nati nel XIII secolo nella nostra Penisola, giganti del pensiero medievale e, tra l’altro – così ci raccontano le fonti – fraterni amici, (e studiati a fondo dall’autore del romanzo bestseller Il nome della rosa Umberto Eco): il domenicano Tommaso d’Aquino (1225-1274) e il francescano e cardinale Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274).
E proprio il 15 luglio scorso, giorno della sua memoria liturgica, è ricorso l’anniversario della morte di Bonaventura da Bagnoregio (al secolo si chiamava Giovanni Fidanza) avvenuta a Lione (era una domenica mattina) nel 1274 durante la celebrazione del famoso Concilio ecumenico di cui proprio il grande frate minore, vescovo di Albano e cardinale fu il preparatore e ispiratore. Due secoli dopo fu proclamato santo, da un papa francescano il conventuale Sisto IV, nel 1482.
La lettera dei quattro ministri generali della Famiglia francescana
E per celebrare i sette secoli e mezzo dalla salita al cielo del loro illustre confratello, il 2 febbraio scorso, i quattro ministri generali che fanno riferimento alla composita Famiglia francescana il minore Massimo Fusarelli, il cappuccino Roberto Genuin, il conventuale Carlos Alberto Trovarelli e Amando Trujillo Cano frate del Terzo ordine regolare (Tor) hanno scritto e firmato assieme una lettera.
Il testo reca un titolo eloquente: San Bonaventura una voce ancora attuale. «Il maestro di Bagnoregio ci interroga con forza su quanto l’ascolto, – scrivono i quattro superiori generali – non solo delle Scritture ma anche del grido congiunto della terra e dei poveri, illumini la nostra intelligenza e il nostro affetto, rendendoci capaci di “portare alla luce le cose nascoste (di Dio)” e di essere un dono per “tutti i figli della Chiesa” e del mondo».
Recentemente, proprio papa Francesco, il 15 gennaio di quest’anno, incontrando nella sala Clementina in Vaticano, i membri dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme ha voluto rievocare la figura del grande santo che oltre ad essere un teologo fu anche un filosofo di stampo platonico. « Lo aveva capito bene un fedele discepolo del Santo di Assisi: san Bonaventura da Bagnoregio, – è stato il richiamo di papa Bergoglio – del quale vi apprestate a ricordare i 750 anni della morte. Egli nel famoso Prologo del Breviloquium dice, in linea con la tradizione francescana, che per accogliere il dono della Parola di Dio è necessario “accostarsi con fede semplice al Padre della luce e pregare con cuore umile, perché Egli, per mezzo del Figlio e nello Spirito Santo, ci conceda la vera conoscenza di Gesù Cristo e, con la conoscenza, anche l’amore”».
E sempre a testimonianza della ammirazione del papa gesuita per Bonaventura è confermato da un altro fattore: i riferimenti espliciti ai suoi insegnamenti, presenti nella enciclica del 2015 la Laudato si’ in cui il Pontefice argentino rievoca, citandolo, che «ogni creatura porta in sé una struttura propriamente trinitaria».
Da ministro generale dei frati minori a cardinale
Ma chi era veramente questo mite frate minore che incise così profondamente nelle membra vive della Chiesa tanto da essere definito da Leone XIII il «principe della teologia mistica»?
Nato probabilmente nel 2017 nella città di Bagnoregio, vicino Viterbo, Giovanni Fidanza è figlio di un dottore. Presto si rende conto di non voler seguire la strada del padre; secondo una leggenda che spiegherebbe anche l’adozione del suo nome religioso, determinante sarebbe stato l’incontro con san Francesco d’Assisi che, quando era piccolo lo avrebbe guarito da una grave malattia segnandolo in fronte con la croce ed esclamando: “O bona ventura!”. Non sembra verosimile che Bonaventura abbia conosciuto personalmente il Poverello di Assisi. L’episodio della sua guarigione miracolosa per intercessione di san Francesco è posteriore alla morte dell’Assisiate.
Il maestro di Bagnoregio studiò a Parigi e durante il suo soggiorno in Francia, entrò a 18 anni nelle fila dei frati minori. Insegnò teologia all’università di Parigi. Asse portante nella sua ricerca, alla scuola del suo maestro Agostino di Ippona, fu quella di elaborare una teologia fortemente cristocentrica e trinitaria.
Nel 1257 venne eletto ministro generale dell’Ordine dei frati minori, carica che mantenne per diciassette anni (1257-1274). Il suo lungo governo alla guida dei francescani (che erano allora oltre 30mila sparsi dall’Europa alla Mongolia) fu percepito quasi unanimemente dai suoi confratelli, tra questi il carismatico Giovanni Pietro degli Ulivi, come spesso ha evidenziato nei suoi studi il grande medievista Raul Manselli, come un «uomo retto».
Scrisse numerose opere di carattere teologico e mistico ed importante fu la Legenda maior, biografia ufficiale di san Francesco, a cui si ispirò Giotto per il ciclo delle Storie di San Francesco.
Grande e monumentale è stata soprattutto la sua produzione teologica. Solo per citare alcune delle sue opere più importanti: i quattro grandi volumi del Commento alle sentenze, le Questioni teologiche insieme ai Sermoni teologici, il famosissimo opuscolo composto a La Verna nel 1259 L’Itinerario della mente a Dio (Itinerarium mentis in Deum).
Ma Bonaventura come per il caso di Tommaso d’Aquino ha avuto un posto di privilegio nella Divina Commedia: sarà infatti lui nel canto XII del Paradiso a spiegare a Dante e a Beatrice la grandezza di un campione della fede come il capostipite dei frati predicatori san Domenico di Guzmán.
A presiedere, nel luglio di 750 anni fa, i funerali del teologo francescano fu il cardinale domenicano Pietro di Tarantasia, il futuro papa Innocenzo V. Bonaventura venne inumato nella chiesa francescana di Lione e alla riesumazione, avvenuta il 14 marzo 1490, venne estratto il braccio destro che l’anno seguente fu trasferito a Bagnoregio, nella Concattedrale di San Nicola. Ad oggi il “santo braccio” è la più grande delle reliquie rimaste di San Bonaventura dopo la profanazione del suo sepolcro e la dispersione dei suoi resti compiuta dagli Ugonotti nel 1562.
L’omaggio di Benedetto XVI alla sua città natale Bagnoregio
Il 6 settembre del 2009 papa Benedetto XVI ha voluto recarsi in veste di “semplice” pellegrino a Bagnoregio per rendere omaggio al “suo” maestro in teologia il Dottore Serafico. Joseph Ratzinger, quando non era ancora professore, dedicò infatti a Bonaventura nel 1957 la sua tesi di abilitazione per la libera docenza in teologia a Monaco. Titolo di quella ricerca era: «La teologia della storia in san Bonaventura». E al grande santo papa Benedetto ha dedicato nel marzo di quello stesso anno, il 2009, la sua catechesi definendolo «un uomo amato da Dio e dagli uomini». Un santo e un pensatore che sembra, per tutto questo, parlare proprio ai credenti e alla Chiesa di oggi.