Era il 12 giugno 2022 quando gli italiani, chiamati ad esprimere il proprio voto nel referendum che vedeva tra i quesiti anche quello dal titolo “Separazione delle carriere”, si sono espressi non ritenendo necessario, né opportuno, di introdurre una netta separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti.
Due anni dopo, fregandosene del voto diretto degli italiani sul punto, il governo Meloni ha approvato uno schema di disegno di legge costituzionale e sostanzialmente ridisegna gli equilibri ridimensionando, come spiegato oggi dal Presidente del tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini il ruolo indipendente della magistratura, rispetto agli altri organi costituzionali.
Dalla premier Giorgia Meloni al ministro della Giustizia Carlo Nordio, fino a tutta la pletora di politicanti, viene giustificata la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri con l’intento di “differenziare il percorso di chi è chiamato a giudicare i cittadini da quello di chi ha l’incarico di muovere le accuse, e rendere così più equilibrato il rapporto tra difesa e accusa nel corso del processo”.
Ma in realtà dietro vi è molto altro.
Già in passato il Sostituto Procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo, nel libro scritto con Saverio Lodato, “I nemici della giustizia”, aveva evidenziato i rischi che si celano dietro questa riforma, con la “creazione di un corpo di pubblici ministeri separato dai giudici. Un corpo, quindi, di potentissimi funzionari dello Stato che non è caratterizzato dalla cultura della terzietà che, diversamente, deve caratterizzare il pm.
Non solo. Si evidenziava come “il comitato dei ministri della giustizia del consiglio d’Europa nel 2000 raccomandava gli stati membri di andare verso il nostro sistema, quello italiano, cioè di prevedere nell’ordinamento dei vari stati membri la possibilità che lo stesso magistrato nella stessa carriera ricoprisse l’incarico di pubblico ministero e di giudice. Perché veniva ritenuto, secondo me molto correttamente e molto opportunamente, che ciò comportava un arricchimento professionale che poi a sua volta comporta un miglioramento della giurisdizione”.
Ed è proprio questo il punto critico. Perché finché il Pubblico ministero rimane nella carriera giudiziaria e nella cultura della giurisdizione, sarà uno scudo per tutti i cittadini in un processo penale in quanto rappresenta tutti e non “interessi di parte”, ma avrà esattamente come il giudice la finalità di accertare la verità, senza guardare ai numeri.
Come spiegava il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, su La7, “ora abbiamo la certezza che ogni denuncia che finisce nelle mani di un pubblico ministero, che non è pagato a cottimo sulle condanne, può finire con la richiesta di archiviazione o assoluzione da parte dello stesso pm. Con la separazione delle carriere, il pubblico ministero diventerà l’avvocato della polizia, dovrà fare statistica e per questo arrivare al numero maggiore di condanne”. Dunque, come cittadini saremo molto meno garantiti.
Più volte abbiamo sottolineato come dietro questa azione, unita ad altre riforme attuate in questi anni, vi sia la volontà di avvicinarsi ad un sistema di controllo sulla magistratura da parte della politica.
Non a caso la separazione delle carriere era una proposta lanciata per primo da Licio Gelli nel famoso piano di rinascita democratica della P2, poi ripresa da Bettino Craxi e da Silvio Berlusconi.
Questo è il primo passo. Poi magari arriverà l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale (che già è nella testa del ministro della Giustizia Nordio e di altri politicanti) introducendo criteri di discrezionalità o di priorità nell’esercizio dell’azione penale. Così pian piano la politica, con le Procure che diventeranno dipendenti dal ministero della giustizia, indicherà al pm quale inchiesta aprire e quale no. Se così sarà si dovrà già pensare di riscrivere anche la storica frase all’interno delle aule di giustizia. E in nome del popolo italiano la legge non sarà uguale per tutti”.
(fonte antimafiaduemila.com)