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Caritas italiana, una persona su dieci vive in povertà assoluta

Cinque milioni e settecentomila persone in Italia si trovano nella povertà assoluta, quasi un decimo della popolazione. Negli ultimi dieci anni il numero di poveri assoluti è salito dal 6,9 per cento della popolazione nel 2014 al 9,7 per cento del 2023. Numeri che inesorabilmente continuano a peggiorare di anno in anno e fanno preoccupare: è quanto emerge dalla 28ma edizione del Rapporto 2024 su povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana dal titolo: Fili d’erba nelle crepeRisposte di speranza presentato martedì 12 novembre a Roma alla presenza, tra gli altri, di don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, di Federica De Lauso e Nunzia De Capite, rispettivamente del Servizio studi e del Servizio advocacy di Caritas Italiana. Ad introdurre i lavori, con un intervento video, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas italiana. In questi dieci anni sono raddoppiate anche le famiglie povere residenti al Nord (+97,2 per cento), passando da 506.000 nuclei familiari a quasi un milione e sono 1 milione 295.000 i bambini poveri (il 13,8 per cento).

Dati preoccupanti in aumento che dovrebbero far riflettere

Si tratta di numeri implacabili che fanno rabbrividire. «I nostri dati — dichiara ai media vaticani don Pagniello — ci dicono di una realtà complessa, difficile, di una povertà multidimensionale, anche generazionale, purtroppo. Una povertà che fa crescere il numero di famiglie in povertà assoluta. Povertà che non è soltanto per i migranti che arrivano in Italia, ma una povertà anche di tante famiglie italiane che fanno fatica ad arrivare al famoso fine mese e che purtroppo non riescono ad avere una vita dignitosa”. Di fronte a questa complessità, prosegue Pagniello, “non possiamo rispondere semplicemente dando risposte facili immediate. Credo che questo sia il tempo del discernimento, il tempo in cui tutti i governanti sono chiamati a scegliere le priorità sulle quali lavorare perché abbiamo bisogno di futuro, abbiamo bisogno di certezze per continuare ad abitare questo nostro Paese. Ma non solo governanti. Finisco semplicemente dicendo appellandomi anche alla responsabilità di ciascuno di noi. Credo che sia arrivato il momento, anche nostro di ciascuno, di rivedere il proprio stile di vita e di ritornare a saper condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo”.

Le fragilità più ricorrenti

Dall’analisi dei dati dell’organismo caritativo emerge che il lavoro povero e intermittente dilaga, con salari bassi e contratti atipici che impediscono una vita dignitosa. I giovani e le famiglie con figli sono le fasce più vulnerabili. Il disagio abitativo rappresenta un’emergenza, con famiglie senza casa o in condizioni abitative inadeguate. Per non parlare dell’accesso all’istruzione e alle nuove tecnologie che è diventato un miraggio per fasce sempre più ampie della popolazione, alimentando le disuguaglianze. Mentre la povertà assoluta continua a essere su livelli record, vari e multiformi fenomeni di disagio sociale si affacciano sul panorama italiano. Alcuni sono di vecchia data, sottolineano dalla Caritas, ma continuano a colpire in modo particolarmente allarmante. Si pensi ai problemi legati all’abitazione, un diritto da tempo negato a tante persone e famiglie, su più livelli di gravità. In altri casi, le problematiche si intrecciano ad una incompiuta o inadeguata implementazione delle risposte istituzionali. È il caso degli ostacoli che impediscono l’accesso alle misure alternative al carcere o delle barriere che limitano la fruizione delle misure di reddito minimo introdotte negli ultimi anni.

Un’umanità ferità da povertà e fragilità

Con questo rapporto (presentato in occasione dell’ottava Giornata mondiale dei poveri che sarà celebrata domenica prossima) «non vogliamo offrire solo una fotografia della povertà in Italia — ha sottolineato don Marco Pagniello — ma intendiamo rilanciare l’invito a guardare oltre le cifre per riconoscere l’umanità ferita che vibra dietro ogni numero. Di fronte a questa emergenza — continua il sacerdote — Caritas Italiana sceglie di farsi portavoce di una risposta coraggiosa e profetica. Una rete di accoglienza e di sostegno si estende in maniera capillare sul territorio nazionale: centri di ascolto, mense, dormitori e case di accoglienza diventano avamposti di una Chiesa che si fa “casa di carità”, aperta a tutti, senza distinzioni. Ma non può essere questa l’unica risposta possibile. Il Vangelo ci chiede di dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, di vestire chi è nudo, visitare chi è in carcere, ma soprattutto di riconoscere nelle esistenze dei nostri fratelli più piccoli il profilo di Dio che ci chiede di guardare il mondo con gli occhi dei più poveri, di osare nuovi cammini e percorrere, accanto alle persone più fragili, strade inesplorate». Nel 2023, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati della rete Caritas, le persone incontrate e supportate sono state 269.689. Quasi 270.000 “volti” che possono essere assimilati ad altrettanti nuclei, visto che la presa in carico risponde sempre ad esigenze di tipo familiare. Complessivamente si tratta di circa il 12 per cento delle famiglie in stato di povertà assoluta. Rispetto al 2022 si è registrato un incremento del 5,4 per cento del numero di assistiti.

Stare tutti dalla stessa parte

“Innanzitutto – prosegue don Pagniello – credo che sia importante che chiunque governi si metta in ascolto della realtà, che sappia fare scelte anche a volte scomode, ma necessarie e che vanno nella direzione di non voler lasciare indietro nessuno. Sicuramente le risorse che sono a disposizione non sono mai sufficienti per dare concretamente sollievo alle persone. Ma credo che questo sia il tempo in cui occorre facilitare quei percorsi di reinserimento sociale, anche lavorativo, di soggetti svantaggiati, perché qualcuno sarà sempre bisognoso di cura ma tanti e tanti, invece, non aspettano altro che una possibilità concreta di poter tornare a lavorare per esempio, di poter pensare alla propria vita”. Il punto, prosegue il direttore di Caritas italiana, è che si devono “accompagnare queste persone, queste fragilità” nei tempi che possono anche essere molto lunghi e difficili, resta questa però, spiega ancora, “l’unica via se vogliamo tornare a parlare di una società che include e di una società giusta. Credo che non sia facile in questo momento il lavoro di chi abbiamo delegato a governarci, ma ritengo che sia il momento in cui forse di fronte a certe sfide bisogna ricompattarsi, bisogna stare tutti dalla stessa parte”.

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