Pubblichiamo la lettera di auguri per la Festa del Serafico Padre San Francesco che il Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori ha scritto insieme al suo definitorio.
Di seguito la lettera:
La festa di San Francesco è vicina a quella delle Stimmate, che la precede di un paio di settimane: e quest’anno siamo particolarmente sensibili a questa vicinanza, visto che proprio ottocento anni fa Francesco salì alla Verna per trascorrere tra quei boschi e quelle rocce un periodo di ritiro e di preghiera – una “quaresima”, come diceva lui – dalla festa dell’Assunzione di Maria alla festa di San Michele Arcangelo.
Dare tempo all’incontro con il Signore.
È proprio questa scelta di Francesco che richiama anzitutto la nostra attenzione: egli considerava necessario alternare tempi di lavoro, attività e predicazione, ad altri tempi dedicati esclusivamente alla preghiera e alla contemplazione. E possiamo notare che si trattava di tempi abbastanza lunghi: dal 15 agosto al 29 settembre sono circa 45 giorni!
La prima domanda che ci facciamo e che proponiamo è proprio questa: Quali sono i tempi che io dedico in maniera privilegiata o addirittura esclusiva alla preghiera, al ritiro, ad isolarmi un po’ dagli impegni e dai contatti “normali” (il cellulare!) per dedicarmi “esclusivamente” a Dio? Ognuno conosce la propria risposta sincera, nell’intimo della propria coscienza: siamo invitati a confrontare tale risposta con il modello che ci offre Francesco, salendo alla Verna per la “quaresima di San Michele”.
E non pensiamo che Francesco salisse alla Verna sull’onda di un mistico entusiasmo, mosso da qualcosa che riguarda solo i santi… No, Francesco stava vivendo un periodo difficile, quello che la Compilatio Assisiensis chiama «una gravissima tentazione»1, della durata di più di due anni: un tempo lungo che possiamo collegare ai problemi che egli viveva nell’Ordine dopo il ritorno dall’Oriente, che lo avevano portato a rinunciare all’ufficio di Ministro generale e che si erano espressi anche nel cammino difficile e contrastato di elaborazione del testo della Regola bollata, che era stata approvata solo pochi mesi prima di quella salita alla Verna. Colui che sale alla Verna è dunque un Francesco affaticato e sofferente, che ha sperimentato difficoltà nella relazione con i fratelli e che è ben consapevole della propria fragilità: in quel tempo di ritiro egli porta con sé tutto questo vissuto e lo affida nelle mani del Signore.
Non dovremmo forse fare così anche noi, portando nella preghiera e affidando al Signore la nostra vita, con le sue fragilità e le sue gioie, con le difficoltà che viviamo in fraternità e con le fatiche della missione?
Uno sguardo di misericordia.
Talvolta ci chiediamo su che cosa dobbiamo meditare: Francesco ci insegna che il primo materiale di preghiera è la nostra vita, con tutti i suoi aspetti, da porre sotto lo sguardo misericordioso del Signore, che ci
accoglie e ci risana.
È lo stesso sguardo che Francesco ha incontrato alla Verna, nella misteriosa visione del Serafino crocifisso. Il primo resoconto di quell’evento si trova nella Vita sancti Francisci di Tommaso da Celano, dove l’attenzione si concentra sulla singolarità della figura vista da Francesco, che unisce i tratti della sofferenza (il crocifisso) e i tratti della gloria (il Serafino, la più alta delle gerarchie angeliche), in una unione di morte e di gloria che per il credente evoca il mistero pasquale del Crocifisso risorto. D’altra parte, anche la descrizione degli effetti di quella visione su Francesco insiste sulla stessa duplicità: «Il beato servo dell’Altissimo si sentì ripieno di un’ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il significato. Era invaso anche da viva gioia e sovrabbondante letizia per lo sguardo bellissimo e dolce con il quale il Serafino lo guardava, di una bellezza inimmaginabile, ma era contemporaneamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell’acerbo dolore della passione. Si alzò, per così dire, triste e lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito»
Sia la singolare visione del Serafino crocifisso che gli effetti di tale visione in Francesco ci parlano dunque del mistero pasquale, che non è mai solo la morte o solo la risurrezione, ma l’intreccio inscindibile di morte e vita, di dolore e di gloria.
Francesco alla Verna si espone, con le sue gioie e le sue fragilità, allo sguardo del Crocifisso risorto e in questa relazione sincera “qualcosa” succede: Cristo agisce e il suo messaggio è “io sono con te”. Le stimmate sono il segno esigente di questa stretta vicinanza di Gesù con Francesco, sono «la dimostrazione della sapienza cristiana seminata nella terra della carne di Francesco», come dirà Bonaventura.
Dallo Stimmatizzato agli stimmatizzati di oggi
L’incontro con Cristo trasforma Francesco: dalla Verna egli scende con una rinnovata capacità di riconoscere il mistero di croce e di gloria che si manifesta nella storia.
Da una parte rinnoverà la sua vicinanza e il contatto con gli stimmatizzati della storia, quei poveri e lebbrosi ai quali continuerà ad essere vicino, e dall’altra riconoscerà la gloria del cosmo, in quel Cantico di frate sole che egli comporrà pochi mesi dopo la discesa dalla Verna.
L’incontro vero con Cristo crocifisso e risorto agisce anche in noi, come in Francesco, e ci porta a riconoscere gli stimmatizzati del nostro tempo, da avvicinare, consolare e curare, come pure ci invita a guardare il cosmo, nel quale oggi riconosciamo un travaglio di morte e vita: un cosmo che porta le stimmate di un violento sfruttamento ma che ancora rivela la forza della vita, impressa dal Creatore.
Ognuno di noi è invitato a dare un nome a questi stimmatizzati della nostra storia e a riconoscere i segni di morte e di vita del creato, che chiedono il nostro impegno: il Signore imprima anche in noi, nel cuore, nelle mani e nei piedi la disponibilità a riconoscere le concrete chiamate ad operare per il suo Regno.
Come ha detto Papa Francesco ricevendo la fraternità dei frati della Verna in questo anno centenario, «il cristiano è chiamato a rivolgersi in modo speciale agli “stimmatizzati” che incontra: ai “segnati” dalla vita, che portano le cicatrici di sofferenze e ingiustizie subite o di errori commessi. E in questa missione il Santo della Verna è un compagno di cammino, che sostiene e aiuta a non lasciarsi schiacciare da difficoltà, paure e
contraddizioni, proprie e altrui. È ciò che Francesco ha fatto ogni giorno, dall’incontro con il lebbroso in poi, dimenticando se stesso nel dono e nel servizio».
Come coltiviamo la consapevolezza che la nostra missione è quella di portare agli stimmatizzati di oggi lo stesso messaggio che Gesù ha rivolto a Francesco e rivolge a ciascuno di noi: “io sono con te”?
Annunciamo con la vita e le parole la certezza che Cristo è con noi e con coloro che incontriamo, soprattutto i sofferenti: questo è il fondamento della speranza cristiana che anima il cammino.
Grati a Dio per il grande dono che ci ha fatto in Francesco, uomo trasformato dallo Spirito, vi auguriamo di cuore di vivere la festa del nostro serafico Padre con gioia e con la rinnovata grazia di essere, come lui, testimoni del mistero del Signore Crocifisso e risorto.