di Rosy Pitarresi – Ho aspettato di essere un po’ più lucida per scrivere ciò che abbiamo vissuto ieri, ma non so trovare le parole giuste. Sapevamo che non potevamo aspettarci quello a cui eravamo forse un po’ troppo abituati, ma così è stato un colpo al cuore. Non perché quelle ossa se pur di un santo facciano impressione o altro, semplicemente perché in quelle poche ossa annerite c’è una storia, tante storie di ognuno di noi, tanti ricordi, tanti momenti, mio padre, mio nonno, mio fratello, tutta la mia famiglia, tutti gli uomini e le donne di Santa Maria di Gesù che hanno versato lacrime e pregato davanti a San Benedetto. La stanchezza delle giornate a preparare i festeggiamenti, un milione di emozioni forti e contrastanti, rabbia e felicità che si mescolano attorno a una teca trasparente dove comunque c’è lui, S. Benedetto il Moro, è lui così come ha vissuto, spogliato di tutto Umile e Ricco di Sapienza.
Vederlo passare per il Cassaro tra devoti e curiosi e con Grande Onore entrare in Cattedrale tra canti e campane a festa, una cattedrale gremita, emozionata, poggiato ai piedi della grande e preziosa urna argentea di Santa Rosalia, lei così dominante, lui più piccolo e nero che mai, ma con una grandezza e una dignità inenarrabile hanno aperto occhi e cuori anche su ciò che abbiamo vissuto un anno fa e ogni giorno da allora.
Prima o poi tornerà a casa, quel convento che l’aha accolto dopo essere passato proprio dalla Cattedrale di Palermo, ma adesso è il momento in cui Benedetto è al centro del mondo, dove merita di essere.
Tanti non lo guarderanno proprio, ma altrettanti si chiederanno “chi è??” e si innamoreranno di lui come ho fatto io e tantissimi alri come me.
Ora è li nella sua infinita piccolezza che si fa grandezza accogliendo tutti coloro che ancora una volta vogliono parlare con lui, e lui parlagli di Amore… di Dio.
E’ li. anche quando tutto sembrava essere andato in fumo presente come 500 anni fa.