• 22 Novembre 2024 1:41

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

San Giovanni Crisostomo

Letture: Col 3,1-11; Sal 144; Lc 6,20-26

Riflessione biblica

“Beati voi, poveri … Guai a voi, ricchi …” (Lc 6,20-26). Lo stile sobrio e severo di queste beatitudini e minacce ci impressiona. È lo stile profetico, che da una parte ci mette una sana inquietudine per compiere il progetto di salvezza di Dio e dall’altra ci apre alla fiducia nella misericordia infinita di Dio. Lasciamo agli studiosi gli aspetti tecnici delle differenze tra i due testi, a noi il compito di cercare il senso profondo delle beatitudini: Matteo guarda alla disposizione interiore della sua comunità, alla sua crescita spirituale; Luca prende in considerazione la realtà sociale della sua comunità: povera e oppressa dai “ricchi” di questo mondo. Per essi Gesù è l’inviato di Dio che “porta ai poveri il lieto annuncio, proclama ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, rimette in libertà gli oppressi, proclama l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,18). Ricchezza e povertà non sono due poli opposti, ma due realtà spirituali da vivere alla luce di Gesù: beati voi, poveri, afflitti, affamati, oppressi, perché “Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9). Di più: la legge dell’amore al prossimo, proclamata da Gesù, ci impedisce di fare differenze tra ricchi e poveri e ci invita ad avere amore fraterno, che trasforma le ricchezze in atti di solidarietà con chi ha bisogno: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,17-18). Agiamo sempre “con purezza, sapienza, magnanimità; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!” (2Cor 6,6.10). Possediamo Gesù, e nell’amore a lui ispiriamo la nostra esistenza di seguaci di Gesù.

Lettura esistenziale

“In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi” (Lc 6, 20). È così che inizia il Vangelo di oggi, e il dettaglio degli occhi di Gesù che si soffermano sui volti dei discepoli la dice lunga sul contenuto delle stesse beatitudini. Poveri, affamati, afflitti, persone con tutte le problematiche legate alla vita, con le loro preoccupazioni e le loro croci, i loro affanni e le loro lacrime. Ma il Vangelo non si conclude solo sui beati, contiene anche un secondo elenco che inizia così: “Ma guai a voi”. E Gesù pare che smonti quelli che invece sono ricchi. Tra i discepoli c’erano anche loro. Oppure ci è lecito pensare che queste due categorie di persone in realtà sono due facce della stessa medaglia, sono due modalità che ogni discepolo di Cristo si porta dentro. Siamo contemporaneamente medicanti di senso, e superbi ricchi che pensano di bastare a sé stessi. Siamo affamati di un valido motivo per cui vivere e allo stesso tempo siamo sazi del mondo confondendo la felicità con la soddisfazione. Insomma, siamo l’uno e l’altro, ma possiamo decidere noi da che parte stare: se stare dalla parte dei “beati”, oppure stare dalla parte dei “guai”. Non è la vita a decidere al posto nostro. Il cristianesimo mette radice nella nostra debolezza, nelle nostre mancanze, nei nostri fallimenti non perché si pone come soluzione o consolazione, ma perché l’Amore di Dio sa porre fiducia lì dove nessuno la riporrebbe mai, compresi noi stessi. La beatitudine cristiana consiste nel lasciarsi amare proprio lì dove ci sentiamo più perdenti, più fragili, più falliti. È far entrare Dio nella nostra miseria prima ancora di risolverla. È permettere a Dio di manifestarsi nella nostra debolezza più ancora che nella nostra autosufficienza.