• 22 Novembre 2024 2:00

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento al Vangelo di Fra Giuseppe Maggiore

XXIII domenica del Tempo Ordinario

Letture: Is 35,4-7; Sal 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

Ammettiamolo, siamo così travolti dalle mille cose da fare, attorniati da rumori, da chiacchiere, da opinioni, così storditi e stressati dai ritmi frenetici della vita, che fatichiamo ad ascoltare il il nostro cuore, fatichiamo a sollevare lo sguardo, fatichiamo a cercare Dio. Nel tempo dei social dove non riusciamo ad alzare lo sguardo verso l’altro, dove le orecchie sono chiuse e le parole non più un suono ma dei cuoricini e delle faccine, Gesù non demorde. Ci chiama in disparte, lontano dalla folla, dai rumori, dai chiacchiericci, dalla logica di un mondo che guarda mano l’altro e punta lo sguardo su se stesso. Gesù cerca l’intimità con l’uomo, la fede è anzitutto incontro, avviene personalmente, cuore a cuore, in un atteggiamento reale di accoglienza. Dio ci parla ma, per accoglierlo, occorre tacere, occorre avere un cuore ascoltante.

Gesù alita sul sordo muto, come se fosse una nuova creazione, intende trasmettere il proprio spirito all’uomo, e vi riesce. Pone dei segni salvifici: sospira, pone le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua. La nostra vita di fede ha bisogno di segni, di concretezza e, questi segni sono i sacramenti.

Il Vangelo di oggi ci dice che la fede è apertura perché mi apre a qualcosa di più grande rispetto al mio ego alla mia realtà ristretta, al mio piccolo mondo. Gesù oggi dice a me e a te: “Apriti all’altro iniziando dall’accoglienza di Dio, dalla sua Parola…”   Spesso non sappiamo parlare perché non siamo capaci di ascoltare. La relazione con Dio inizia dallo Shemà, dall’ascolto. Ascoltare il grido dei poveri, delle famiglie, dei giovani dei ragazzi sempre più smarriti e più soli, agli anziani abbandonati nelle loro case e negli ospedali. Ascoltare e dare voce a chi non ha voce, a chi viene sfruttato, a chi viene ricattato anche nell’ottenere un bicchiere d’acqua…

Apriti ad ogni essere umano senza fare discriminazioni, senza sfruttare l’altro così come ci esorta fare San Giacomo nella seconda lettura della messa di oggi. “Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?”

Siamo pronti ad una nuova creazione? Siamo davvero pronti ad essere anche noi segno salvifico per chi ci incontra? Siamo davvero pronti ad aperture che hanno sapore di Vangelo? Siamo pronti ad ascoltare e parlare il linguaggio di Dio non solo con la bocca ma con la vita?

Buona domenica!