• 19 Settembre 2024 23:47

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Martedì della IX settimana del Tempo Ordinario

Letture: 2Pt 3,11-15.17-18; Sal 89; Mc 12,13-17

Riflessione biblica

“Ciò che è di Cesare rendetelo a Cesare, e ciò che è di Dio, a Dio” (Mc 12,13-17). Massima di validità perenne: il cristiano deve essere buon cittadino e attento adoratore di Dio. La “trappola” di farisei ed erodiani ci fornisce una riflessione sapienziale profonda sul comportamento dei credenti: anche se il cristiano mette al primo posto Dio, l’autorità civile va rispettata e obbedita. Il cristiano, infatti, sa che “non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio” (Rom 13,1-2). Il cristiano, oltre che credente in Dio, è un cittadino: riconosce l’autorità di chi governa, non importa se Re o presidente di repubblica; obbedisce alle leggi: “È necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza” (Rom 13,5); contribuisce allo sviluppo sociale del suo Stato: “Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto” (Rom 13,7). Il detto di Gesù non opera distinzione tra “potere civile” e “potere divino”, ma indica un comportamento rispettoso dell’autorità e dei doveri civili e religiosi che ne derivano: “Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come inviati da lui per punire i malfattori e premiare quelli che fanno il bene. Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti, come uomini liberi, servendovi della libertà non come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio” (1Pt 2,13-16). La motivazione più profonda, però, è l’amore: non si pagano “i tributi o le tasse” solo per un dovere civile di solidarietà, ma perché ciò contribuisce a stabilire quella pace sociale che dà a ciascuno benessere materiale e benessere spirituale. È l’amore a Dio e al prossimo che riscalda il detto di Gesù e ci rende sempre pronti a rispettare i comandamenti di Dio e le leggi dello Stato.

Lettura esistenziale

“È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?” (Mc 12,14). Nel Vangelo odierno Gesù, alla domanda insidiosa dei farisei, dà una risposta semplice e complessa insieme, che si può spiegare in molti modi. L’odio nei confronti di Gesù è riuscito a mettere insieme due partiti inconciliabili: i farisei, che conosciamo per la loro rigidezza nell’applicare le norme religiose, e gli erodiani, che, come il re cui si ispiravano, utilizzava la religione per fini politici. L’obiettivo è uno solo: mettere in difficoltà il Maestro di Nazareth. Gli erodiani, alleati dell’invasore romano, consideravano giusto pagare le tasse a Roma. I farisei lo consideravano invece un sopruso. La domanda è tendenziosa perché, come precisa l’evangelista, i farisei e gli erodiani cercano di coglierlo in fallo nel discorso, per poterlo poi accusare. Gesù chiede allora di portargli un denaro e mostra loro l’immagine dell’Imperatore che vi era impressa. Secondo la concezione diffusa a quel tempo la moneta apparteneva a colui che vi imprimeva la sua immagine. Il tributo era perciò la modalità legittima con cui si riconosceva concretamente il suo governo. Si trattava in questo modo di “restituire” all’autorità quello che l’autorità esercitava legittimamente come servizio. L’uomo, tutto l’uomo ed ogni uomo, appartiene invece a Dio, perché ne è l’immagine «Dio creò l’uomo a sua immagine» (Gen 1,27). Lo Stato pretende un pezzo di metallo, mentre Dio pretende dall’uomo tutto il suo essere: «amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» (Mc 12,30).