Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
San Bernardo
Letture: Rt 1,1.3-6.14-16.22; Sal 145; Mt 22,34-40
Riflessione biblica
“Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” (Mt 22,34-40). È un’esigenza dell’anima umana cercare un “principio unificatore” della realtà che ci circonda, un principio che semplifica la vita personale e le relazioni con le persone e la natura che ci circonda. Tale ricerca era fortemente sentita dal giudaismo del tempo del Signore: era il Kelal, il comandamento da cui dipendevano tutti gli altri comandamenti. Un tentativo fu quello della “regola d’oro”, patrimonio dell’umanità (Confucio, Talete, Hillel e altri), basata sull’etica della reciprocità: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7,12). Gesù, però, non ritenne che tale massima possa essere il vero motore dell’esistenza umana. Egli cercò qualcosa di più universale e più dinamico: l’Amore. Esso è una scintilla che non ha origine nell’umano, ma nella natura stessa di Dio: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1Gv 4,19). E la conseguenza è chiara: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1Gv 4,10-11). Tale comandamento è espresso nelle due “tavole della Legge”, che Dio diede a Mosè: l’amore stabilisce il nostro rapporto con Dio: “Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Dt 6,5-7); l’amore stabilisce anche il rapporto con il prossimo: “Chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso (Lev 19,18). La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità” (Rom 13,8-10). In conclusione, il comandamento è uno: amare. Per questo, amare Dio e amare il prossimo non sono distinti né si possono separare: “Se uno dice: io amo Dio e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,20-21). Gesù, poi, l’ha perfezionato nel comandamento nuovo: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 5,12) e ci ha amato fino a dare la sua vita per noi. Amiamo come Gesù, perché “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Lettura esistenziale
“‹‹Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente››. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a questo: ‹‹Amerai il tuo prossimo come te stesso››” (Mt 22, 37-39).
È piuttosto conosciuta l’espressione molto pregnante di S. Giovanni della Croce: “Alla sera della vita non rimane che l’amore” che fa eco alle parole del Vangelo di oggi e a quelle di S. Paolo: “Tre sono le cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità. Ma di tutte più grande è la carità” (1 Cor 13,13).
Alla fine della nostra vita saremo giudicati proprio sull’amore.
L’amore è l’ingrediente che dà sapore alla nostra vita, che rende ogni giorno degno di essere vissuto.
- Giovanni evangelista, nelle sue lettere, non fa che parlare del nuovo comandamento: appunto il comandamento dell’amore. Come un ritornello ripete che l’unica cosa importante, la cosa veramente essenziale è: amare.
- Agostino, forse dopo anni di riflessione, arriva ad una conclusione che gli (e ci) semplifica la vita: “Ama e fa’ ciò che vuoi!” Nel senso che chi ama acquisisce una piena libertà di spirito. Certamente una libertà dalle norme che intrappolano l’esistenza, ma soprattutto una libertà tale che lo rende capace di donare anche la propria vita. “Non c’è amore più grande di questo: Dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Ricordiamoci che siamo stati creati da Dio per amore e la nostra vocazione, quella comune a tutti gli uomini e che ci realizza pienamente è: amare.
Mi ha sempre colpito, nella Sacra Scrittura, il comportamento di Mosè. A Dio che gli propone (sicuramente per far emergere la sua grandezza d’animo) di distruggere il popolo che ha peccato e di stipulare un’alleanza nuova con lui, che invece è rimasto Fedele, Mosè risponde intercedendo e chiedendo misericordia per il popolo e conclude: “E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!” (Es 32, 32). Vale a dire: “Se non mi ascolti, distruggi anche me!”. È bellissima questa intercessione; mi rimanda a quella di Gesù, di cui Mosè è figura: “Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). E dire che il popolo aveva dato dei grattacapi a Mosè, mormorando di lui in varie occasioni ed esasperandolo e lui risponde in tal modo. Chissà se abbiamo mai avuto il coraggio di intercedere così per i nostri amici e per i nostri nemici.