• 22 Novembre 2024 1:02

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Arrampicarsi sulle pareti rocciose, praticare il climbing e, nello stesso tempo, diventare spazzini nei luoghi più impervi del nostro patrimonio naturale.
L’impresa, che coniuga sport e rispetto dell’ambiente, è venuta in mente a Matteo Della Bordella, 36 anni, alpinista di fama mondiale e presidente dei “Ragni di Lecco” e all’amico Massimo Faletti, 51 anni, che hanno deciso di pulire le falesie più belle d’Italia.

Da qualche giorno sono arrivati a San Vito Lo Capo, dopo la prima tappa in Trentino e la seconda presso la falesia di Sant’Andrea nella Gola di Buccheri, in provincia di Siracusa.

Il progetto si chiama “Climb and Clean” (sostenuto dall’azienda “Scarpa”) e quest’anno ha avuto quest’appendice con due tappe siciliane, di cui l’ultima nel Trapanese, in una falesia poco conosciuta al grande pubblico, rispetto al mare e alla spiaggia di San Vito Lo Capo. A far muovere lungo tutto lo Stivale i due alpinisti è stata la loro sensibilità per il rispetto dell’ambiente, innanzitutto. A San Vito Lo Capo hanno lavorato tre giorni pieni sulle falesie a strapiombo sul mare. “Con grande nostra sorpresa in giro abbiamo trovato pochi rifiuti – spiega Matteo Della Bordella – però sulla costa abbiamo trovato rifiuti di tutti i tipi trasportati dal mare”.

Reti, corde, pezzi di vetroresina, bottiglie di plastica, secchielli ma anche indumenti, scarpe, pezzi di lamiera. “Tutto torna”, commenta Massimo Faletti, facendo riferimento alla mano dell’uomo che ha inquinato il mare. Le coste rocciose sanvitesi poco praticate dai bagnanti sono diventate così deposito dei rifiuti. L’impegno di Matteo e Massimo ha consentito di ripulirle. “Abbiamo già differenziato tutto – spiega Matteo – ora toccherà al Comune provvedere allo smaltimento”.

Con la tappa di San Vito Lo Capo si è così conclusa la prima tappa del progetto. “Lo riproporremo di nuovo il prossimo anno – spiegano i due alpinisti che oggi rientreranno al Nord in treno – l’impegno è quello di ridare alla natura ciò di cui noi abbiamo sempre goduto e che, la stessa mano dell’uomo può mettere seriamente a rischio”, conclude Matteo Della Bordella.