Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
San Bartolomeo
Letture: Ap 21,9-14; Sal 144; Gv 1,45-51
Riflessione biblica
“Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità” (Gv 1,45-51). Che elogio! Gesù ci presenta Natanaele Bar-Tolomeo (= Figlio di Tolomeo) come un “un Israelita in cui non c’è falsità”. Ciò significa tre cose importanti per il nostro cammino di fede: una persona in ricerca di Gesù, in dialogo con Gesù, che seguì Gesù. Bartolomeo, da buon Israelita, ricercò con sapienza (“sotto il fico”, simbolo della dolcezza della sapienza) nelle Scritture il progetto di Dio: “Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma meditalo giorno e notte, per osservare e mettere in pratica tutto quanto vi è scritto; così porterai a buon fine il tuo cammino e avrai successo” (Gs 1,8). La Legge e i Profeti sono la sua guida per conoscere la via della salvezza e vivere in essa con fedeltà. Uomo saggio, Bartolomeo, costruì la propria esistenza sulla roccia salda della Parola eterna di Dio e attese “la promessa fatta ad Abramo e alla sua discendenza” (Lc 1,55). La sua fede attendeva il Messia, l’inviato di Dio per la salvezza e subito entrò in dialogo con Gesù. Guidato da Filippo, superò i suoi dubbi: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” e nell’incontro con Gesù il suo cuore si aprì alla sua azione salvifica e lo professò in maniera personale: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. E seguì Gesù, per “vedere le cose più grandi” che gli aveva promesso: Gesù divenne la sua via per giungere alla verità e alla vita (Gv 14,6), fu il suo cibo per la vita eterna (Gv 6,54), la sua speranza di gloria imperitura: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria” (Gv 17,24).
Lettura esistenziale
“Filippo trovò Natanaele e gli disse: ‹‹Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret››. Natanaele gli disse: ‹‹Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?›› Filippo gli rispose: ‹‹Vieni e vedi››” (Gv 1, 45s). Il Vangelo odierno racconta l’incontro di Natanaele con Cristo. Se guardiamo obiettivamente i fatti narrati, sembra proprio che questo futuro apostolo non abbia iniziato con il piede giusto, eppure Gesù ne tesse un elogio tale da farlo arrossire: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”. Si tratta di un elogio che richiama il testo di un Salmo: “Beato l’uomo nel cui spirito non c’è inganno” (Sal 32, 2), ma che suscita la curiosità di Natanaele, il quale replica con stupore: “Come mi conosci?” (Gv 1, 48a). La risposta di Gesù non è immediatamente comprensibile. Egli dice: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico” (Gv 1, 48b). Non sappiamo che cosa fosse successo sotto questo fico. È evidente che si tratta di un momento decisivo nella vita di Natanaele. Da queste parole di Gesù egli si sente toccato nel cuore, si sente compreso e comprende: quest’uomo sa tutto di me, a quest’uomo posso realmente affidarmi. Un’altra riflessione ci suggerisce la vicenda di Natanaele: nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole. Filippo, nella sua replica, fa a Natanaele un invito significativo: “Vieni e vedi!” (Gv1, 46b). La nostra conoscenza di Gesù ha soprattutto bisogno di un’esperienza viva: la testimonianza altrui è importante, poiché di norma tutta la nostra vita cristiana comincia con l’annuncio che giunge fino a noi ad opera di uno o più testimonianze. Ma poi dobbiamo essere noi stessi, in prima persona, a lasciarci coinvolgere da Gesù.