di Fra Girolamo Palminteri – “Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via”.
C’è fretta. Non abbiamo tempo da perdere. C’è da preparare la Pasqua e questi cadaveri intralciano i nostri progetti, la festa, la nostra felicità. Devono dunque essere portati via e tolti dalla nostra vista. Voltiamo subito pagina dunque.
Ma se fosse proprio il Golgota il luogo dove “comprendere, con tutti i santi, quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo che supera ogni conoscenza”? E la nostra fretta non potrebbe forse farci perdere l’occasione di conoscere e apprendere, perché ce ne nutriamo, questo infinito (perché totale)/finito (perché racchiuso, e quindi concreto, dentro una carne) amore?
Dice San Paolo: “così, radicati e fondati nella carità…”; ma quale seme o pianta può crescere rigogliosa e portare frutti se non mette radici e quindi si ferma, rimane?! Ho visto alberi crescere in posti impensabili. Merito di radici forti, ben piantate. C’è uno scempio da guardare senza fretta perché metta radici in me, raggiunga le mie viscere e le “ricolmi di tutta la pienezza di Dio”. Allora conoscerò il sapore di quanto ha profetizzato Osea: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”.
Amen.