Commento al Vangelo di Fra Giuseppe Maggiore
XXV domenica del Tempo Ordinario
Letture: Sap 2,12.17-20; Sal 53; Giac 3,16-4,3; Mc 9,30-37
Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Inizio questa mia riflessione con un interrogativo: come possiamo capire Gesù quando parla di persecuzione e morte, noi che scappiamo dal dolore? Come possiamo capirlo quando ci dice di donare la vita noi che siamo pronti a farci da parte davanti alle responsabilità se non c’è la sicurezza di ottenere qualcosa in cambio, che sia anche un po’ di visibilità? Come possiamo capire Gesù quando parla di donare la vita quando passiamo la vita a conservarla, a proteggerla, a difenderla, a migliorarla?
“Per la strada avevano discusso tra loro chi fosse più grande” avevano litigato per capire chi doveva comandare. Su questo argomento si potrebbe scrivere tantissimo. Arrivismo, carrierismo, egoismo, invidia, gelosia… Non siamo tanto diversi dagli apostoli, in 2000 anni di cristianesimo non abbiamo capito che Gesù si identifica nell’ultimo, nel servo, nello straniero, nel carcerato, nell’ammalato, nel bambino… nei piccoli di questo nostro mondo. Ci chiede di accogliere gli ultimi, gli emarginati, gli immigrati, i meno importanti, come i piccoli che al suo tempo contavano meno di niente. Come a dire: perché volete diventare grandi se io e il Padre ci identifichiamo con i più piccoli?
San Giacomo nella seconda lettura di oggi pone un interrogativo che ci aiuta a riflettere: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”. Solo la Sapienza che viene dall’alto ci aiuta ad assumere lo Stile di Cristo Gesù.
Fare a sportellate, mettere da parte con l’inganno e con l’astuzia chi ti può mettere in ombra per accaparrati un ruolo che non ti appartiene, darti arie di fondatore o di fondatrice del gruppo parrocchiale o ecclesiale o sociale e politico a cosa ti serve? Sentirti il “salvatore” o la “salvatrice” di un pezzo del tuo piccolo mondo, che guadagno ne hai davanti al Signore? Cerchiamo continuamente di essere confermati, gratificati, riconosciuti, spesso neanche ce ne accorgiamo, ma non di rado diventa una ossessione, una necessità per dimostrare che valiamo e siamo i migliori di tutti. San Francesco d’Assisi nella Lettera a tutto l’Ordine scrive: “Beato il servo, che non si ritiene migliore, quando viene lodato e esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più” (FF221)
Davanti a Gesù che chiede cosa stessero dicendo, gli apostoli si ammutoliscono. Sembra strano ma non lo è perché siamo capaci di praticare una religione, sentirci “fedeli”, di dirci cattolici, ma nella concretezza dei fatti non condividiamo le convinzioni e gli insegnamenti della Chiesa, criticando e giudicando aspramente il Papa. Un modo per vivere la religione e ovviamente non la fede, in maniera comoda per andare dietro a noi stessi. La storia personale ci condiziona a tal punto che tutto sembra fermarsi ai nostri interessi. Il Signore stesso fa parte delle nostre prospettive, Lui è potente, ci aiuta, ci darà una mano, verrà incontro ai nostri desideri che ci sembrano giusti e inequivocabili. Invece il Signore ci spiazza mettendo un bimbo al centro e designandolo come modello da seguire. Gesù, ci insegna che Dio non è né grande né potente, ma il suo modo di essere Dio è diverso da come lo intendiamo noi.
Accogliere un Dio così, diciamocelo, è davvero scomodo.
Voglio concludere con le parole di Ermes Ronchi: “Accogliere, verbo che plasma il mondo come Dio lo sogna. Avremo un futuro buono solo quando l’accoglienza sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso. Se vogliamo un mondo che stia in piedi davvero non c’è altra strada che ripartire dal più bisognoso. Questa è la fede, che poggia sulla giustizia”.
Accogliamo dunque Gesù nella fragilità dell’umanità di oggi: questa è la proposta. Non è difficile guardandoci intorno, serve solo capire che non siamo ne io e ne tu il centro del mondo ma possiamo essere utili strumenti nelle mani di un Dio che si china sull’uomo per servire… perché come diceva qualcuno chi non serve alla maniera di Cristo… non serve.
Buona domenica!