“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Lc 21,12.19). Il termine, usato da Luca, è hupomoné: indica insieme pazienza e perseveranza, tanto che qualcuno traduce con “pazienza perseverante”. E, in effetti, la perseveranza è la virtù che ci permette non solo di attendere la realizzazione di un bene, sopportando avversità e difficoltà, ma anche quella costante grandezza d’animo nel portare a compimento il progetto di Dio su di noi, in attesa dell’avvento del Signore Gesù. Ed è proprio questo il punto essenziale, che la liturgia ci propone: la vita del credente, sotto l’azione dello Spirito Santo, ricevuto nel battesimo, è orientata al «giorno della redenzione» (Ef 4,30), celebra l’esodo pasquale verso la patria celeste, attende la manifestazione della gloria di Cristo. Il «giorno della redenzione» è il giorno in cui il Cristo si manifesterà definitivamente e a cui il credente si orienta con la fede e il suo impegno per realizzare sotto la guida dello Spirito la propria santificazione, il rinnovamento costante del proprio impegno personale, e raggiungere così la perfetta conformità a Cristo nella patria celeste. La pazienza perseverante ci fa vivere nella speranza: “Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui e illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi” (Ef 1,17-18). Illuminati dallo Spirito di Gesù e dalla sapienza del Vangelo, “offriremo i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, il nostro culto spirituale” (Rom 12,1). Celebreremo l’esodo pasquale, per essere e vivere in comunione con il Signore Gesù. Tutta la nostra vita è un vero esodo, un cammino di fede, in cui “abbandoniamo l’uomo vecchio, che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, ci rinnoviamo nello spirito e rivestiamo l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità” (Ef 4,22-23). Siamo in attesa della piena manifestazione del Signore che viene: allora, “quando si manifesterà Cristo, la nostra vita, anche noi con lui saremo manifestati nella gloria” (Col 3,4).
Lettura esistenziale
“Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza” (Lc 21, 12-13) Queste parole di Gesù non sono relegate ad un passato ormai trascorso. Il tempo delle persecuzioni e dei martiri, infatti, non si è concluso, anzi oggi è più attuale che mai. Ogni anno migliaia di fratelli vengono uccisi, torturati, vessati, costretti a scappare, a lasciare la propria terra, a pagare alto il prezzo di appartenere a Cristo. Oltre a queste ci sono poi anche le persecuzioni bianche, senza spargimento di sangue, a cui assistiamo più che altro in Occidente.
Dare testimonianza non è una forma di ostentazione ma è tentare di rendere visibile il Vangelo con mitezza e umiltà. I testimoni non gridano, non urlano, non sono violenti, non lanciano pietre e men che meno parole. I testimoni sono persone che hanno una grande forza interiore e una delicatezza esteriore estrema. Essi mostrano con la propria vita, e senza clamore che un’altra via è possibile. Non hanno strategia, perché sanno che lo Spirito dirà loro di volta in volta cosa fare. È Lui che provvede a difenderci, a suggerire cosa dire, a sostenerci, a fare da baluardo.
Essere di Cristo significa affrontare le persecuzioni, le tempeste e le prove della vita, con l’intima certezza che è Lui a combattere le nostre battaglie e che l’unica cosa che possiamo fare è cercare di non perdere la pace e la letizia di fondo.
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