Commento di Fra Marcello e suor Cristiana Scandura
Martedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Letture: Col 2,6-15; Sal 144; Lc 6,12-19
Riflessione biblica
“Chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli” (Lc 6,12-19). Gesù sceglie i suoi apostoli: sono discepoli, ma anche “apostoli”, inviati ad annunciare il Regno di Dio. Tutti i discepoli devono annunciare con la parola e la vita che Gesù è venuto a portare la salvezza, ma gli apostoli devono essere gli animatori dei discepoli di Gesù. Compito delicato, tanto che Gesù passò una notte intera in preghiera prima di scegliere i suoi “apostoli”: una vera “veglia vocazionale” per decidere coloro che dovevano condividere con lui la missione di annunciare il Vangelo, di rafforzare gli altri discepoli nella fede e di testimoniare il suo mistero di morte e risurrezione: “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture apparve a Cefa e quindi ai Dodici” (1Cor 15,3-5). “Ne scelse Dodici”: a differenza dei rabbini del suo tempo, che sceglievano come discepoli persone privi di difetti fisici e spirituali, gente di cultura che studiava assiduamente la legge e la praticava con scrupolo, Gesù sceglie persone semplici, uomini e donne (“Maria Maddalena, Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni”; Lc 8,2), pescatori (Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni), gabballieri (Matteo/Levi), zeloti (Simone, e Giuda Iscariota) e “un Israelita senza falsità” (Gv 1,47: Natanaele Bar-Tolomeo) e quasi tutti della Galilea delle genti (Filippo, Tommaso, Giuda Taddeo), considerati come “giudei spurii”. Essi, però, furono ben disposta ad accogliere il suo messaggio di misericordia e di salvezza e a seguirlo per la via della conversione e del ritorno alla casa del Padre. Seguire Gesù è condizione essenziale per essere discepolo: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23); “predicare nel nome di Gesù a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47) è proprio degli apostoli di Gesù. Ed essi, “ricevuta la forza dello Spirito, furono testimoni di Gesù a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8).
Lettura esistenziale
“Ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore” (Lc 613-16). É bello sapere che Dio ci conosce, ci chiama per nome, sa di chi siamo figli e ci invita ad ascoltarlo quando ci parla. Il nome è parte essenziale di noi stessi ed esprime la nostra profonda identità. Nel libro del profeta Isaia leggiamo: “Non temere, io ti ho chiamato per nome. Tu mi appartieni” (Is 43,1). Il profeta, da parte sua, fa questa esperienza profonda che lo segna per tutta la vita: “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome” (Is 49,1).
Il fatto che Dio ci chiami per nome manifesta che nessuno di noi ai Suoi occhi è uno dei tanti esseri umani che abitano sulla faccia della terra, al contrario per Dio ogni persona è unica, occupa nel Suo cuore un posto speciale, è amata con amore di predilezione ed Egli instaura con ciascuna una relazione individuale. Quando Gesù chiama per nome Lazzaro, questi da morto che era, risuscita. Quando Gesù Risorto pronuncia con tanto amore il nome di Maria Maddalena, questa si sente rigenerata e guarita dalle sue lacerazioni interiori e diventa una persona nuova.
Quando Dio ti chiama per nome esprime con questo il fatto che per Lui sei importante. Tu gli appartieni. Egli si rivolge a te, ti conosce per nome, conosce il tuo cuore, sa che cosa provi, nei momenti difficili della tua vita e ti sta accanto, prendendosi amorevole cura di te, non ti abbandona.
Il Signore ci conceda di pronunciare il nome altrui con la stessa dolcezza e lo stesso amore con cui lo pronuncia Lui, perché il nostro prossimo possa sperimentare anche attraverso di noi l’amore di Dio.