La Sicilia divisa in quattro fasce di rischio in base al numero di contagi associato alla percentuale di popolazione che ha completato il ciclo vaccinale. E’ questo il punto centrale del parere elaborato dal Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid in Sicilia, per proporre un modello operativo territoriale finalizzato a interventi di mitigazione e contenimento della pandemia da Sars-CoV-2.
L’adesione alla campagna vaccinazione diventa un parametro ulteriore per la valutazione dello scenario epidemico a livello locale e, dunque, per stabilire restrizioni più o meno forti.
Secondo il Cts, sono da collocare in zona ad “alto rischio” i comuni e le province in cui è elevato l’indice di contagio (maggiore di 250 casi su centomila abitanti), ma la copertura vaccinale è inferiore al 70 per cento di tutta la popolazione o inferiore all’80 per cento della popolazione over 60.
Il documento analizza la situazione attuale in Sicilia. La progressiva estensione della campagna vaccinale ha determinato una riduzione dell’ospedalizzazione, sebbene in uno scenario di diffusione crescente dei contagi. Inoltre, la Sicilia attualmente è tra le regioni con casistica giornaliera e tassi di incidenza settimanale più alti (ad oggi supera i 95 casi su centomila abitanti) sebbene permanga nella fascia più a basso rischio con rifermento all’occupazione dei posti letto.
La curva epidemica è sostenuta attualmente dalle fasce d’età giovanili, sia per la maggiore propensione alla mobilità e ai contatti interpersonali, sia perché tra i ragazzi si registrano attualmente i più bassi livelli di copertura vaccinale.
Il calo di ospedalizzazione in presenza di una crescente circolazione virale ha comportato una revisione dei criteri per l’assegnazione delle “zone” alle regioni da parte della Cabina di regia nazionale presso il ministero della Salute, tenendo conto anche del parametro dell’occupazione dei posti letto e non solamente dell’incidenza dei contagi.
Il Cts, pertanto, nel documento rimarca che «è necessario accelerare i tempi per raggiungere un’elevata copertura vaccinale e il completamento dei cicli di vaccinazione per prevenire ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus, sostenute da varianti emergenti con maggiore trasmissibilità e anche a causa della presenza di focolai causati dalla variante virale “delta” in Italia e delle attuali coperture vaccinali».
«È opportuno – scrive il Comitato presieduto da Salvatore Scondotto – rispettare misure e comportamenti per limitare l’ulteriore diffusione della circolazione virale. Ad oggi – ribadisce il Cts – il vaccino è l’unica arma efficace nella lotta contro la pandemia da Sars-CoV-2, grazie alla riduzione della contrazione/trasmissione del virus, dello sviluppo di sintomaticità e/o malattia, della riduzione dell’ospedalizzazione e della mortalità ma, soprattutto, grazie al potenziale sviluppo di un’immunità di gregge».
Alla luce dell’attuale situazione epidemiologica, sulla scorta del monitoraggio dei dati è possibile immaginare, per una migliore strategia di prevenzione e contenimento dell’infezione, uno schema di valutazione decisionale che si adatti dinamicamente a una serie di parametri tra cui:
a. incidenza cumulativa settimanale;
b. percentuale di vaccinati sulla popolazione generale e a rischio;
c. rapporto tra contagi-ospedalizzazione-posti letto dei soggetti Covid-19 positivi;
d. andamento dei ricoveri in relazione alle pubblicazioni casistiche nazionali e internazionali.
Resta fermo, a parere del Cts, che «l’unico parametro di riferimento scientificamente attendibile per la limitazione della circolazione e della diffusione del virus ,e soprattutto per il contenimento dei suoi effetti negativi sulla salute del singolo e della collettività, è la vaccinazione completa (doppia dose o monodose secondo vaccino somministrato)».
«Alla luce delle evidenze scientifiche in tema di politiche di mobilità sicura (quarantena, doppio tampone e certificato verde come per esempio il modello inglese) – aggiunge il Cts – un qualsiasi modello di contenimento della diffusione dell’infezione e dei suoi effetti più gravi sulla salute del cittadino non può prescindere oggi da misure di mobilità razionale in contesti di insufficienti percentuali di vaccinazione».
Nel dettaglio, il modello proposto, oltre alla zona ad “alto rischio”, prevede: il “medio rischio” (maggiore di 150, ma inferiore a 250 contagi ogni centomila abitanti, con una copertura vaccinale inferiore al 70 per cento di tutta la popolazione o inferiore all’80 per cento degli over 60; il “basso rischio” (tra 150 e 250 contagi ogni centomila abitanti con una copertura vaccinale maggiore del 70 per cento di tutta la popolazione o maggiore dell’80 per cento degli over 60, ovvero da 50 a 150 contagi per centomila abitanti con una copertura vaccinale superiore al 60 per cento della popolazione o al 70 per cento per gli over 60); il “bassissimo rischio” (inferiore ai 50 contagi per centomila abitanti e una copertura vaccinale maggiore del 70 per cento).
Pertanto sono a rischio di provvedimenti restrittivi di maggiore intensità quei comuni in cui, al superamento della soglia stabilita di casi settimanali in rapporto alla popolazione residente, si dovesse anche registrare una scarsa partecipazione della popolazione alla campagna vaccinale.
In aggiunta, in condizioni di difficoltà delle operazioni di “contact tracing” da parte del dipartimento di Prevenzione dell’Asp competente, suggerite dai numerosi focolai di minime dimensioni presenti nelle province siciliane, si conferma «la necessità, qualora si rilevino condizioni di rischio aumentato, di introdurre ulteriori misure di contenimento».