• 5 Novembre 2024 11:44

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Riflessione biblica

“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto”(Gv 15,1-17). La richiesta di Gesù ai suoi discepoli contiene due punti fermi della vita spirituale: rimanere in Gesù ed operare in Gesù. Ogni credente in Gesù deve rimanere unito a Gesù e in lui rendere lode e gloria al Padre con il comportamento luminoso della propria vita: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,16). Rimanere in Gesù: indica perseveranza nel cammino di fede, nell’acquisto della sapienza del cuore, nell’operosità della nostra carità e nel progredire nel portare a termine in Cristo la nostra chiamata alla santità: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4-5). Rimanere in Gesù è necessario per la vita cristiana: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli” (Gv 8,31). È comunione di vita con Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56). È operare in Gesù: uniti a lui, vera vite, il Padre, divino agricoltore, ci fa essere uomini e donne nuovi nello spirito, purificati nella verità: “Chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,21). Siamo operosi nella carità: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi” (1Gv 4,12), e orientati alla santità: “Abbandoniamo l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, rinnoviamoci nello spirito della nostra mente e rivestiamo l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità” (Ef 4,22-24).

Lettura esistenziale

“Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 15, 17). Nel momento in cui annuncia la sua partenza da questo mondo, Gesù consegna ai suoi discepoli, come testamento, il comandamento dell’amore. Gesù parla di un “comandamento nuovo”. Ma in che cosa consiste la novità? Già nell’Antico Testamento Dio aveva dato il comando dell’amore; ora, però, questo comandamento è diventato nuovo in quanto Gesù vi apporta un’aggiunta molto importante: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34). Ciò che è nuovo è proprio questo “amare come Gesù ha amato”. Tutto il nostro amare è preceduto dal suo amore e si riferisce a questo amore, si inserisce in questo amore, si realizza proprio per questo amore. L’Antico Testamento non presentava alcun modello di amore, ma formulava soltanto il precetto di amare. Gesù invece ci ha dato Se stesso come modello e come fonte di amore. Si tratta di un amore senza limiti, in grado di trasformare anche tutte le circostanze negative in occasioni per progredire nell’amore. Dandoci il comandamento nuovo, Gesù ci chiede di vivere il suo stesso amore, che è il segno davvero credibile ed efficace per annunciare al mondo la venuta del Regno di Dio. Con le nostre sole forze però non potremo riuscirvi. C’è sempre in noi una resistenza all’amore e nella nostra esistenza ci sono tante difficoltà che provocano divisioni, risentimenti e rancori. Ma il Signore ci ha promesso di essere presente nella nostra vita, rendendoci capaci di questo amore generoso e totale, che sa vincere tutti gli ostacoli, anche quelli che sono nei nostri stessi cuori. Amare gli altri come Gesù ci ha amati è possibile solo con quella forza che ci viene comunicata nel rapporto con Lui, specialmente nell’Eucaristia, in cui si rende presente in modo reale il suo Sacrificio di amore che genera amore.