Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
San Carlo Borromeo
Letture: Fil 2,1-4; Sal 130; Lc 14,12-14
Riflessione biblica
“Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti” (Lc 14,12-14). Il messaggio è semplice e si può sintetizzare in tre parole: accoglienza, condivisione, gratuità. L’accoglienza voluta da Gesù non fa differenze di persone, ma accoglie tutti, poveri e ricchi, amici e nemici: “Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,35). Anzi, Gesù non solo solidarizzava con i poveri mangiando con essi, ma anche con i peccatori in vista della conversione e salvezza. La solidarietà vera, inoltre, diviene condivisione: non sono condannate le ricchezze, ma l’uso egoistico di esse. L’amore al prossimo ci fa entrare in sintonia con il povero, dominiamo l’avidità, l’invidia e l’egoismo, mettiamo a disposizione i nostri beni, le nostre esperienze e persino il nostro pensare, sentire e agire. Con una vita spesa per il prossimo emarginato e bisognoso si ha la certezza di avere “la ricompensa alla risurrezione dei giusti”. Ma al di là del premio, il cristiano agisce con gratuità, che è apertura massima al prossimo, apertura dell’amore. È l’apertura di Dio: ci dà tutto senza interesse, fa piovere sui giusti e gli ingiusti, perdona senza misura con una misericordia senza limiti (Mt 5,45-46). La gratuità è vittoria sul nostro egoismo, liberazione dagli interessi che spesso dominano la nostra esistenza, apertura del cuore per usare misericordia e ottenere misericordia. In questo si realizza il vero amore del discepolo di Gesù: amare senza interessi, condividendo ogni bene con i poveri e accogliendo chiunque ha bisogno del nostro aiuto.
Lettura esistenziale
“Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Lc 14, 13s). Quando lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal 5, 6) ed Egli prende dimora in noi. La fede è indissolubilmente unita alla carità. La fede è conoscere la verità e aderirvi; la carità è camminare nella verità. Con la fede si entra nell’amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia. La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica. Nella fede siamo generati come figli di Dio; la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo. La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare. L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio. Ravviviamo la nostra fede in Gesù Cristo, per entrare nel suo stesso circuito di amore verso il Padre e verso ogni fratello e sorella che incontriamo nella nostra vita.