• 16 Ottobre 2024 22:59

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Convegno per riscoprire S. Benedetto da San Fratello Patrono di Palermo. Fiume: “è un potente simbolo di integrazione”

È in programma il 23 e 24 ottobre, presso la Facoltà Teologica di Sicilia e la Sala Magna di Palazzo Steri, un Convegno internazionale di Studi dedicato a San Benedetto da San Fratello detto il Moro, che sotto la direzione scientifica della storica Giovanna Fiume, vedrà a confronto studiosi di fama internazionale. L’evento è promosso dai Frati Minori di Sicilia in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo e la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia e il sostegno di Sicilbanca e Fondazione Sicana. L’iniziativa è stata promossa in occasione dei  500 anni dalla nascita del Patrono di Palermo. L’obiettivo è andare oltre un apparente paradosso e rispondere ad una domanda cruciale: perché la Chiesa ha avuto bisogno di un Santo nero – in particolare uno schiavo –, sebbene a quei tempi ritenesse la schiavitù stessa del tutto legittima?

Giovanna Fiume presenta il convegno su San Benedetto da San Fratello

A presentare a BE Sicily Mag il Convegno internazionale di Studi dedicato a San Benedetto da San Fratello è stata la storica Giovanna Fiume, la quale ha sottolineato l’importanza che questa figura ha nella cultura siciliana e non solo. “Oggi appare indispensabile riscoprirla, perché dà continuità alla presenza di persone provenienti dall’Africa in Sicilia. Le radici di questo fenomeno sono lontane. Benedetto rappresenta un loro antecedente”. Il Patrono di Palermo, infatti, nacque a San Fratello, in provincia di Messina, nel 1524, da una coppia di schiavi africani, che si erano convertiti ed erano stati battezzati. “Era ciò che adesso definiremmo un immigrato di seconda generazione”. La religione fu al centro del suo pieno inserimento nella comunità. “Entrò molto presto nella congregazione eremitica francescana, girando l’intera Isola. Al momento dello scioglimento, scelse il Convento di Santa Maria di Gesù a Palermo, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1589”.

Benedetto il Moro era considerato Santo già in vita e da lui accorrevano da tutto il territorio palermitano devoti provenienti da ogni strato sociale per ottenere grazie, miracoli o semplicemente conforto”, precisa la storica Giovanna Fiume. È in virtù di ciò che fu eletto dal Senato cittadino, nel 1652, Patrono di Palermo. La sua devozione però andò ben oltre i confini. “Ben prima che i processi di canonizzazione si concludessero, gli schiavi di tutto il Nuovo Mondo assunsero Benedetto come loro protettore, intitolandogli Chiese e organizzando processioni in suo onore, ciascuno secondo la propria cultura. I tributi nel Sud e nel Centro America sono completamente diversi da quelli a cui siamo abituati in Europa. Ad esempio, oltreoceano viene celebrato con musiche e abbigliamenti con una forte ascendenza africana”.

La storia della schiavitù trova dunque in Benedetto il Moro un vero e proprio protagonista. Nonostante ciò, a Palermo, la devozione nei suoi confronti andò sempre più diminuendo. “Già nel secondo Seicento si è iniziato ad assistere a questo fenomeno con la diminuzione del numero degli schiavi in Sicilia. Essi rimarranno nell’Isola fino al Settecento, ma le leggi del mercato li attraevano prima verso i porti iberici e poi verso il Nuovo Mondo”. È proprio qui che la sua figura assumerà un significato diverso. “Nelle Americhe infatti continueranno ad esserci ancora per molti anni e, soprattutto, saranno sempre più numerosi gli afrodiscententi, che proprio attraverso le confraternite guadagneranno una forte identità nello spazio pubblico”.

La figura di San Benedetto il Moro, così come i suoi devoti nelle Americhe, ha potuto contare sulla religione come mezzo di inclusione. “Rappresenta la conciliazione tra le razze e le caste. È emblematico che sia raffigurato, con grande contrasto cromatico, con il Bambin Gesù tra le braccia, mentre lo guarda con gli occhi amorevoli di una balia africana. È un potente simbolo di integrazione e accoglienza. Insegna che il concetto di razza è falso e al di sotto ci siano piuttosto relazioni sociali da scoprire”. La sua storia oggi appare profondamente attuale, nonostante siano cambiati gli strumenti e le modalità di accoglienza dei migranti.

Il parallelismo tra Santa Rosalia e San Benedetto il Moro

In merito al culto di San Benedetto il Moro in Sicilia, è importante anche comprendere perché in epoca più moderna quest’ultimo sia stato surclassato dalla attuale Patrona di Palermo, Santa Rosalia. “La parabola di Santa Rosalia inizia dopo la peste del 1624, con il ritrovamento delle presunte reliquie e con l’iscrizione nel 1630 nel catalogo dei Santi. Fino a quel momento non era stata così importante. Lo testimonia il fatto che, nel 1652, San Benedetto il Moro venne nominato Patrono della città. Santa Rosalia diventerà sempre più importante man mano che gli ordini religiosi, in particolare i gesuiti, costruiranno la sua biografia. Sulla sua vita, infatti, si era persa la memoria. Al contrario, era abbondante quella su San Benedetto”.

I percorsi di Santa Rosalia San Benedetto il Moro, insomma, si incrociano per un breve momento, poi prendono percorsi completamente diversi. “Il culto di Santa Rosalia diventerà ricchissimo nella seconda metà del Seicento, fino all’attuale devozione universale di Palermo nei suoi confronti. San Benedetto il Moro via via invece verrà dimenticato, per la fine della schiavitù prima e per la mancanza di una tradizione di afrodiscendenti che lo facessero proprio”.

“Le due storie però non vanno lette in contrapposizione”, precisa Giovanna Fiume. “I due Santi possono essere entrambi oggetto di devozione a Palermo. Le analogie tra le due figure, tra l’altro sono diverse: entrambi hanno una radice forte di eremitaggio, da un lato su Monte Pellegrino e dall’altro su Monte Grifone, che abbracciano Palermo. Sono la sistole e la diastole del capoluogo dell’Isola”.

(fonte: besicilymag.it – Chiara Ferrara)