• 22 Novembre 2024 0:40

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento al Vangelo di Fra Giuseppe Maggiore

XXVIII domenica del Tempo Ordinario

Letture: Sap 7,7-11   Sal 89   Eb 4,12-13   Mc 10,17-30

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

E chi non corre per avere la felicità, se ci pensi bene anche tu come me e tantissimi altri ti affanni per essere felice. Il giovane ricco di cui il Vangelo di questa domenica ci parla vede Gesù per strada e gli corre incontro per fargli una domanda: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?

La vita eterna…poniamo la domanda più alla nostra portata “Cosa devo fare per essere felice, per non sprecare inutilmente i miei giorni, per realizzarmi pienamente nella mia umanità?”. Perché poi senza fare discorsi teologici ed escatologici la vita eterna è essere felici con Dio, stare bene con lui. Il giovane ha ragione di andare di corsa verso Gesù, sa che quel maestro ha la soluzione, ma non sa che è scomoda. La risposta di Gesù è: osserva le dieci parole che Dio ha consegnato a Mosè. Il giovane risponde più o meno come facciamo noi oggi: non rubo, non ammazzo, lavoro, non faccio male a nessuno perché mi faccio gli affari miei, prego sempre anche se a messa non vado sempre perché ho molti impegni e sono più cattolico del Papa e ancora bla, bla, bla…” ma se fai tutto questo e ti senti realizzato perché non sei ancora felice? Forse perché come quel giovane ricco pur avendo tutto ciò che desideri ti manca quel qualcosa che si chiama felicità, gioia interiore… libertà?

Gesù risponde alzando l’asticella: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!” in poche parole Vuoi vivere davvero? Sappi che la tua vita così come quella di ognuno non è garantita dal patrimonio economico, ma dal patrimonio relazionale. E poi vieni con me: mettiamo in tavola la vita. E lo facciamo per amore dei poveri, non della povertà. Scomodo troppo scomodo.

La vita eterna non è questione di osservanza ligia della legge, andare a messa, dire il rosario, seguire certe tradizioni che non hanno a nulla a che vedere con il Vangelo, ma che fanno di te un cristiano perfetto… mi dispiace ma questa non è la strada per la felicità, per vivere in Dio ora, in questo secondo e per tutta la giornata. Vai vendi le tue convinzioni e apriti alla vita. La felicità non è ostentare l’agiatezza, l’avere tutto e non condividerlo. La sera quando vado in giro incontro tantissimi giovani, li guardo negli occhi, ma li vedo spenti. Eppure hanno le minicar, stanno in compagnia facendo oscillare dalle dita la bottiglietta della birra, stanno avvinghiati come cozze, si scambiano effusioni… ma i loro volti sono cupi e i loro occhi spenti…

Ma ritorniamo a noi. A volte mettiamo in evidenza certi comportamenti negativi additandoli come peccati, ci ergiamo giudici di fratelli e sorelle che magari hanno un vissuto travagliato e faticano anche a causa nostra ad essere accettati  e integrati nella società o nella comunità cristiana, mentre non diamo importanza alla comunione, alla giustizia o alla vera carità. Non consideriamo affatto i comportamenti che danneggiano la vita sociale, come l’elusione delle tasse, il lavoro al nero, gli affitti non registrati, le raccomandazioni ricompensate e tantissime altre situazioni. I comportamenti illegali non sembrano rientrare nella sfera dei peccati.

Succede spesso che il nostro impegno di carità si ferma al dare un pasto caldo, o un maglione a chi è nel bisogno. La giustizia evangelica ha altri parametri, tende a rimuovere le cause che portano i poveri al disagio e lottare per il cambiamento di questo sistema economico che produce sfruttamento delle risorse nel sud del mondo, incapace di ridistribuire la ricchezza, di arrivare alla radice delle povertà sempre più plurali. Più che combattere la povertà illudendoci che con un maglione e un panino, azioni precedute da progetti, finanziamenti, e smania di apparire, si dovrebbe amare di più il povero in quanto fratello o sorella. E poveri, in quanto mancanti di qualcosa lo siamo un po’ tutti.

Ma se non incrociamo quello sguardo di amore che Cristo ci offre, se non siamo capaci di guardarlo negli occhi come Pietro, come Levi, come un certo Francesco di Assisi che dopo aver incrociato lo sguardo di Cristo nel lebbroso è capace di spogliarsi del proprio io, del suo apparire il migliore di tutti, per assaporare la vera libertà di essere figlio di Dio, la felicità è un miraggio. Possiamo bere, fumare, avere un fisico bestiale, denaro donne e tantissimo altro. Possiamo  ritenerci bravi, buoni e santi, illudendocidi aver fondato gruppi e associazioni, aver scalato  le vette della carriera politica, associativa, ecclesiale, apparire anche su qualche rivista o giornale, ma se non cogli quello sguardo di amore disarmante se non ti getti tra le braccia della vera Sapienza che è il Vangelo seguirai a vivere con il viso cupo e triste… ma infelice.

Scopriti amato, lascia ciò che ti incatena, impara dai poveri e saprai gustarti la felicità quella vera!