Non c’è dubbio alcuno sul fatto che l’Italia abbia il più ricco e variegato patrimonio artistico e culturale al mondo, ed è altresì fuor di dubbio che il ruolo storico della Chiesa nel nostro paese sia stato il motore più determinante nel realizzare la virtualmente infinita quantità di bellezza che troviamo in ogni singolo centro abitato della penisola, dai villaggi di campagna alle grandi metropoli. In un Paese a storica vocazione cattolica, sia per gli aspetti confessionali che per quelli dell’espressione artistica inseriti in questa tradizione, è però impossibile non restare meravigliati di fronte a uno dei più brillanti gioielli del Sud Italia, che pur essendo stato costruito in seguito al Grande Scisma, unisce meravigliosamente le sensibilità romane e bizantine in un grande capolavoro dal fascino immortale. Stiamo parlando della Cattedrale di Santa Maria Nuova, meglio nota come Duomo di Monreale, patrimonio Unesco, che tutto il mondo conosce per i suoi mosaici dorati che sembrano brillare di luce propria.
Cattedrale costruita nell’arco di quasi un secolo, intorno a cui ruota una curiosa leggenda: il suo costruttore, Guglielmo II di Altavilla, si sarebbe appisolato sotto un’albero mentre visitava Monreale, e la Madonna gli sarebbe apparsa in sogno rivelandogli che nel punto in cui si era addormentato giaceva un tesoro inestimabile. Guglielmo, scavando la terra sotto di lui, avrebbe dunque trovato un enorme forziere pieno d’oro con il quale avrebbe finanziato la costruzione di questo meraviglioso luogo di culto, usando poi quello stesso oro per i suoi mosaici.
Mito a parte, la storia dei mosaici di Monreale, al pari di tutti gli altri grandi mosaici bizantini presenti in Sicilia (come quelli che decorano il duomo di Cefalù o la Cattedrale di Palermo) affonda le sue radici nell’istituzione del Regno di Sicilia sotto la guida dei principi normanni a partire dal 1130: la costruzione di queste cattedrali era ovviamente strumentale alla glorificazione della grande ricchezza raggiunta dalla Sicilia sotto la guida normanna. A quei tempi, nonostante la recente scissione tra il cristianesimo orientale e occidentale, i principi normanni assoldarono i cosiddetti “maestri dell’oro”, ovvero i migliori mosaicisti di Costantinopoli (l’odierna Istanbul) per le decorazioni delle grandi cattedrali in costruzione in quegli anni. È questo il motivo per cui l’aspetto maestoso del Cristo Pantocratore che domina l’abside del duomo di Monreale ricorda così tanto da vicino lo stile e le sensibilità della Basilica di Santa Sofia. Naturalmente nel corso dei secoli successivi alla sua costruzione e al suo impianto squisitamente bizantino, la cattedrale ha avuto una sua evoluzione, con la realizzazione di nuovi ambienti in cui abbiamo meravigliose testimonianze delle sensibilità artistiche dei secoli successivi: è il caso dell’absidiola di San Pietro dove a fine 1400 venne ultimata la Cappella della Madonna del popolo, espressione del barocco siciliano, e soprattutto della sfarzosa e monumentale cappella del crocifisso, pura espressione del barocco di ispirazione spagnola.
Ne deriva oggi un luogo unico in Italia e nel mondo, consacrato al cattolicesimo ma investito di tutta l’atmosfera mistica tipica del cristianesimo orientale, e che unisce al suo interno le molteplici anime artistiche avvicendatesi in Europa e in Sicilia nei secoli d’oro. E a ben pensarci, l’oro è un po’ il filo conduttore della storia e dell’energia che anima questo posto: dalla leggenda del sogno di Guglielmo II d’Altavilla, ai secoli d’oro dei normanni, ai “maestri dell’oro” fatti accorrere dall’Impero Romano d’Oriente e infine l’oro, quello vero, che brilla ancora oggi, a quasi 1000 anni di distanza, intorno all’espressione benedicente del Cristo che tutto il mondo associa a questa cattedrale. Una cattedrale che lascia al nostro Paese un tesoro storico, religioso e culturale più prezioso di qualunque metallo pregiato.
(Fonte Avvenire – Stefano Tiozzo)