• 22 Novembre 2024 5:25

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Il povero, mio fratello o fonte di guadagno?

di FraPé – Mi rattrista sentire i racconti di coloro che chiamiamo “ultimi” e che purtroppo con la nostra “carità” finanziata dallo Stato e quindi  da noi, invece di fargli fare il salto di qualità, di farli sentire PERSONA, sono “ostaggio” di certe associazioni che stanno sfruttando ogni occasione per arricchirsi. Mi riferisco a certe case di accoglienza per anziani, stranieri, senza fissa dimora e tutto ciò che ha a che fare con l’essere umano.

Ascolto e leggo bugie, tentativi di discolpa, mai un chiedere scusa, mai a dire “forse abbiamo sbagliato”.

Mi hanno insegnato che le bugie non si dicono, che i numeri non si gonfiano, che non conta quante cose fai, ma come le fai. Ciò che davvero è importante è saper rendere felice l’altro, promuoverlo, ridargli la dignità perduta e non usarlo per la tua sete di protagonismo per la tua sete di guadagno, per riempire il tuo io. Prima o poi bisogna rendere conto al Signore. Lui i comunicati stampa non li legge ma legge accuratamente i cuori. Cuori che donano, che condividono, che si fanno prossimi all’altro.

Il pane a casa si deve portare, bisogna costruire un futuro per i propri figli, è legittimo, ciò che non è legittimo è la  speculazione a danno del prossimo, il farsi carriera sulle spalle dei poveri che mangiano quello che decidiamo noi, vestono quello che a noi non piace più o è fuori moda. Si fa davvero poco affinché vivano in maniera dignitosa. Purtroppo certe associazioni che gestiscono migliaia di euro non sempre sono così trasparenti e leali verso i fratelli o le sorelle loro affidati. Non sempre i servizi dati sono pieni di umanità. Le lamentele per i disservizi e per il cibo poco e pessimo, aumentano di giorno in giorno…

Una sera ho visto un operatore di una data associazione seduto in un locale con un fratello senza fissa dimora che stavano mangiando insieme un panino. Questa scena mi ha riempito il cuore. Un esempio da seguire: far sentire l’altro normale e non un oggetto dove ricavo utili. Far sentire l’altro mio fratello mia sorella è ciò che dovremmo far tutti. Guardiamo a Francesco d’Assisi, a Madre Teresa di Calcutta, a uomini e donne che spendono la loro vita gratuitamente per rendere felici gli altri, facendo sentire Dio vicino e non farli sentire arrabbiati e abbandonati. E’ un cammino non facile, ma se si sanno riconoscere i propri errori è meno difficile da percorrere.

“Qualunque cosa fate ad uno di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”. I comunicati e le querele non servono perché prima o poi dovremo rendere conto proprio di questo versetto del Vangelo.

I poveri sono persone e vanno seguiti, amati e aiutati… non sfruttati.

Chi ha orecchi per intendere intenda!