Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Sant’Ignazio d’Antiochia
Letture: Rm 1,16-25; Sal 18; Lc 11,37-41
Riflessione biblica
“Date in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro” (Lc 11,37-41). Il duro attacco di Gesù non è rivolto al fariseo singolo, ma al fariseismo che alberga nel cuore di ciascuno di noi, quella sottile ipocrisia di chi non solo vuole apparire giusto e perfetto, ma anche giudica i comportamenti del prossimo: “Non giudichiamoci gli uni gli altri; piuttosto facciamo in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello” (Rom 14,13). Non è questione di stabilire la precisa Kashruth, la netta distizione tra puro e impuro, di curare il comportamento esterno del nostro vivere quotidiano, ma di curare il proprio cuore per acquistare quella purezza interiore, per cui “tutto è puro per chi è puro, ma per quelli che sono corrotti e senza fede nulla è puro: sono corrotte la loro mente e la loro coscienza” (Tit 1,15). Ciò che ci chiede Gesù è un invito a far trionfare una giustizia, che pratica l’amore e la misericordia: “Ecco ciò che dice il Signore degli eserciti: Praticate una giustizia vera: abbiate amore e misericordia ciascuno verso il suo prossimo” (Zac 7,9). “Essere precisi o perfetti” nell’osservanza delle regole è cosa buona. Ma senza misericordia verso il prossimo, “essere precisi” non ha senso. Il termine “elemosina” è termine greco, che indica la misericordia come amore, rispetto, compassione, attenzione al prossimo. Con la misericordia entriamo in relazione con il fratello: l’accogliamo mostrandogli benevolenza, non lo giudichiamo. Ma “ci rivestiamo di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandoci a vicenda e perdonandoci gli uni gli altri, se qualcuno ha di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore ci ha perdonato, così facciamo anche noi. Rivestiamoci della carità, che è vincolo di amore perfetto” (Col 3,12-14).
Lettura esistenziale
“Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro” (Lc 11, 41). Queste parole rimandano ad una delle Beatitudini pronunciate da Gesù nel noto discorso della montagna: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5, 8). Il cuore è il centro dei sentimenti, dei pensieri e delle intenzioni della persona umana. La Sacra Scrittura ci insegna che Dio non guarda alle apparenze, ma all’intenzione del cuore ed è a partire dal nostro cuore che possiamo vedere Dio. Gesù scardina una certa concezione di purezza legata all’esteriorità che vietava ogni contatto con cose e persone ritenute impure e insegna invece a discernere ciò che può veramente inquinare il nostro cuore. Se è necessaria una santa attenzione per la custodia del creato, per la purezza dell’acqua e del cibo, tanto più dobbiamo custodire la purezza di ciò che abbiamo di più prezioso: i nostri cuori e le nostre relazioni. I nostri cuori possono attaccarsi a veri o falsi tesori. Il bene più prezioso che possiamo avere nella vita è la nostra relazione con Dio. Ne siamo convinti? Sapere di essere amati incondizionatamente da Dio dà senso alla nostra vita. Egli si lascia incontrare, “vedere” da quanti Lo cercano con cuore sincero. I puri di cuore ne sanno riconoscere la Presenza in se stessi, nel prossimo, nella storia e nel creato, perché guardano con gli occhi di Dio, cioè con gli occhi e il cuore dell’Amore. Non hanno uno sguardo sospettoso, non vedono il male dove non c’è e dove obiettivamente è presente, sono capaci di andare oltre, nella certezza che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rom 8, 28).