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Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Mattarella e il disegno del ragazzino morto in mare. Voleva studiare in Europa

Diilsycomoro

Ago 26, 2023

“Nello studio dell’appartamento dove vivo, al Quirinale, ho collocato un disegno che raffigura un ragazzino, di quattordici anni, annegato, con centinaia di altre persone, nel Mediterraneo. Recuperato il suo corpo si è visto che, nella fodera della giacca, aveva cucita la sua pagella: come fosse il suo passaporto, la dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare”.

Semplicemente un dettaglio della quotidianità di Sergio Mattarella: un’immagine nel suo studio, su cui spesso gli cade lo sguardo. Il Presidente lo racconta nella sala gremita del Meeting di Rimini. Qualcosa di molto semplice, lo può capire un bambino. La Costituzione, il convegno di Camaldoli, il diritto alla felicità: nell’ampiezza del discorso di Mattarella, nella profondità delle domande, quel piccolo dettaglio di vita resta in mente.

Me lo ricordo, quel ragazzino. Morì nel Canale di Sicilia nella primavera del 2015, in uno spaventoso naufragio, oltre mille vittime. Veniva dal Mali. Le ossa esili dei polsi erano quelle di un adolescente. Cucito nella giacca, come un tesoro, c’era un foglio sbiadito dal mare: “Bullettin”, “pagella”. E “Matematique”, “Francais”, e i voti, buoni voti. Come dire: ho voglia di studiare, di lavorare. Personalmente quel particolare di cronaca mi aveva trafitto.

Mattarella se l’è messa davanti agli occhi, quella storia: “Mi rammenta che, dietro numeri e percentuali delle migrazioni, che spesso elenchiamo, vi sono innumerevoli, singole, persone, con la storia di ciascuno, i loro progetti, i loro sogni, il loro futuro”.

Che nelle splendide sale del Quirinale, e proprio nello studio del Presidente, ci sia quell’ umano “memento”, rincuora. Come l’ago di una bussola, quando trova il Nord e lo segna, e tu sai di nuovo dove sei, e dove vuoi andare.

Perché spesso, leggendo questo Paese sul web, ci si smarrisce. Adesso si discute se esista, e per qualcuno esiste, un “diritto all’odio” verso i “diversi” da noi. Se ne discute seriamente. Da quale angolo buio spunta questo “diritto”? Non s’era detto, due generazioni fa, dopo milioni di morti, non s’era detto “mai più?” Questo Paese va cambiando sotto ai nostri piedi tanto, che a volte non lo riconosciamo più.

Rinfranca, il particolare riferito da Mattarella, riporta dentro l’orizzonte in cui siamo cresciuti noi, nati dopo la guerra. (La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, senza distinzione di sesso, di lingua, di religione. Quei primi articoli della Costituzione come un alfabeto trasmesso, l’humus in cui il vivere comune, duro, sofferto, drammatico, comunque si dipanava). E ora un Generale, un uomo dello Stato, teorizza il diritto all’odio. Quasi con leggerezza, come coagulando un umore tanto in realtà diffuso quanto finora indicibile.

Mattarella al Meeting ricorda ai nostri figli che il diritto all’odio non esiste. Che “L’auto-affermazione dell’Io, nella sua più assoluta centralità in realtà nella sua piena solitudine, appare priva di qualunque senso”. (La nostra cultura è imbevuta ormai, ebbra di auto – affermazione dell’Io. La dignità dell’odio per il “diverso” ne è l’ultimo rigurgito).

Davanti ai naufragi in mare per anni hanno gridato agli invasori, “restate a casa vostra”, “prima gli italiani”. Ma è la Storia che ci si presenta davanti, con quei migranti di cui pure le nostre aziende hanno bisogno a centinaia di migliaia. Mattarella: “I fenomeni migratori vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere”. Ancora, l’ago di una bussola che conosce la direzione. Nessuno di quei morti in fondo al mare era un numero, tutti avevano storia e speranze. Quel ragazzino, la sua pagella scolorita: non studierà qui, non lavorerà, non avrà figli che riempiano i desolati parchi giochi vuoti delle nostre città.

Almeno, averne coscienza. Almeno, ricordarlo. Mattarella, uno degli ultimi nostri politici formati in un alveo profondamente cristiano, lo sa. Lo dice ai nostri figli: “Fate che la speranza e l’amicizia corrano, anche, sulle vostre gambe. E si diffondano attraverso le vostre voci”, è il saluto di un uomo con i capelli bianchi a una sala colma di ragazzi.
Che ricordino, speri, che vadano, che lo testimonino agli amici.

(fonte Avvenire)