Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
San Giovanni Maria Vianney
Letture: Lv 23,1.4-11.15-16.27.34-37; Sal 80; Mt 13,54-58
Riflessione biblica
“Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?” Gesù era troppo simile a loro: un falegname, un mestiere come un altro; lui e i suoi parenti, gente comune; li incontravano nella sinagoga, nelle vie del villaggio, niente di particolare tanto da poter immaginare che in Gesù potesse agire la sapienza e la potenza di Dio. C’era anche il pregiudizio: “Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46). Qualcuno forse arrivò a pensare e a dire che non Dio, ma lui opera “per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni” (Mt 12,24). E si scandalizzavano di lui: “Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). Anzi, la loro mente era piena di dubbi e pregiudizi, il loro cuore non era né docile né disponibile ad accoglierlo come l’inviato di Dio per la loro salvezza. L’incredulità agiva nella loro mente: la parola di Gesù non illuminava il loro cuore; a loro: “la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,19-21). Spero che la nostra fede non sia tanto vacillante e che Gesù non abbia a dire: “Vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste” (Gv 5,42-43). A lui aderiamo con piena fiducia: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69).
Lettura esistenziale
“Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere?” (Mt 13, 54s). Quando ascolto o leggo questa espressione con la quale nei Vangeli viene definito Gesù e cioè: “Il figlio del carpentiere” il mio cuore si riempie di stupore e mi commuovo profondamente. Mi sembra una cosa così grande che il Dio eccelso, Creatore del Cielo e della Terra, non solo abbia assunto la natura umana, ma abbia anche condiviso in tutto la condizione della povera gente, del più comune degli uomini, partecipando anche all’umile dimensione del lavoro. Quelle dita che hanno creato e, per così dire, posato nel posto giusto miriadi di stelle nel firmamento del cielo, quelle mani che hanno dipinto i monti e fatto fiorire i prati, alimentato le sorgenti, creato il letto ai fiumi e ricamato e intessuto ogni essere umano nel grembo materno, hanno anche faticato in una piccola falegnameria di un piccolo paese e hanno avuto a che fare con legno, trucioli, pialla, polvere e… sicuramente anche con qualche cliente petulante. Che meraviglia! Tutto ciò che il Verbo ha assunto lo ha redento. Com’è bello pensare che Nostro Signore Gesù Cristo ha condiviso tutto della nostra vita, eccetto il peccato: le fatiche, le gioie, le tribolazioni, l’amicizia, ecc… e persino l’umile lavoro quotidiano, conferendo dignità anche a questo aspetto della nostra vita. Nelle mani stanche dei lavoratori, nei volti solcati di chi incontriamo ogni giorno, allora, cerchiamo e troviamo le mani e lo sguardo di un Dio che sceglie la nostra carne per manifestare la sua sapienza e per compiere i suoi prodigi.