• 22 Novembre 2024 20:29

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Martedì della XIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gen 19,15-29; Sal 25; Mt 8,23-27

Riflessione biblica

“Si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: Salvaci, Signore, siamo perduti!” (Mt 8,23-27). È il grido di noi, quando le tempeste della vita si abbattono su di noi! Navighiamo in un mondo turbato e pieno di insidie. Non è grido di disperazione, ma grido di chi sa che il Signore è sempre in mezzo a noi, anche nei momenti difficili della vita personale, familiare ed ecclesiale. La barca è anche simbolo della Chiesa, che naviga in un mondo ostile. Malattie, dubbi che turbano l’anima, quante ambiguità che non ci lasciano in pace, quanti contrasti che spezzano l’armonia interiore, familiare, ecclesiale. E vorremmo che Gesù intervenisse subito, ma egli sembra dormire: e la nostra fede diviene come barca in preda alle onde. Nonostante ciò e per quanto siamo “uomini e donne di poca fede”, continuiamo a credere che prima o poi egli ci restituirà la “calma interiore”. In fondo, “è lui la nostra pace” (Ef 2,14). Anzi, lui è con noi, al centro della nostra barca in tempesta, ma sempre presente per darci coraggio nell’affrontare i nostri travagli interiori e le difficoltà che la vita ci riserva. È il momento della fede adulta, che ci libera dalla pretesa di poter fare tutto da noi. Siamo navigati nello scansare pericoli e tranelli di ogni sorta. Il Vangelo, però, ci suggerisce di non perdere mai di vista Gesù: egli è nella barca con noi, sembra che dorma, ma è lì per darci coraggio e quella pace di cui abbiamo bisogno per affrontare i nostri travagli interiori e le difficoltà che la vita ci riserva. Bisogna avere la certezza di Paolo apostolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, il pericolo, la spada? In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rom 8,35.37). Non ci spaventiamo del silenzio di Gesù: non è indifferenza, ma fiducia in noi; vuole che ci comportiamo da “discepoli” che lo seguono portando ogni giorno la loro croce (Lc 9,23)

Lettura esistenziale

“Tutti, pieni di stupore, dicevano: ‹‹Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?››” (Mt 8, 27). Stupisce come gli elementi naturali, quali il vento e il mare, obbediscano docilmente a Cristo, riconoscendolo come Creatore e Signore, molto più di quanto lo facciamo noi esseri umani. Creandoci liberi è come se Dio si fosse legato le mani. Del resto Dio è Amore nella sua più intima essenza e l’amore vero lascia sempre libero l’altro. Per agire Dio domanda il «sì» dell’uomo che ha creato come un interlocutore libero, chiede che la sua creatura Gli risponda con piena libertà. Come la vita stessa dell’uomo, la libertà trae senso dall’amore. L’apostolo Paolo, nella Lettera ai Galati scrive: “Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri” (Gal 5, 13). Vivere secondo la carne significa seguire il nostro egoismo. Vivere secondo lo Spirito invece è lasciarsi guidare nelle intenzioni e nelle opere dall’amore di Dio, che Cristo ci ha donato. La libertà cristiana è dunque tutt’altro che arbitrarietà; è sequela di Cristo nel dono di sé sino al sacrificio della Croce. Può sembrare un paradosso, ma il culmine della sua libertà il Signore l’ha vissuto sulla croce, come vertice dell’amore. Quando sul Calvario gli gridavano: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce!”, egli dimostrò la sua libertà di Figlio proprio rimanendo su quel patibolo per compiere fino in fondo la volontà misericordiosa del Padre. Vivere pienamente la libertà dei figli di Dio significa non lasciarsi condizionare dal male, ma farsi determinare nel proprio agire unicamente dall’amore.