Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Santi Alfio, Filadelfio e Cirino
Letture: At 15,1-6; Sal 121; Gv 15,1-8
Riflessione biblica
“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto” (Gv 15,1-8). Immagine suggestiva del cammino spirituale: rimanere in Gesù e lasciare che egli operi in noi. Il suo amore, linfa vitale, scorre nella nostra vita donandoci luce, gioia, pace, serenità, pazienza nelle sofferenze e nei momenti di buio interiore. Due sono i punti fermi del nostro cammino spirituale nella fede: rimanere in Gesù ed operare in Gesù. Rimanere in Gesù è necessario per la vita cristiana: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli” (Gv 8,31). Rimanere in Gesù: è perseveranza nel cammino di fede, nell’acquisto della sapienza del cuore, nell’operosità della nostra carità e nel progredire in Cristo nel cammino verso la santità: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati nella carità, predestinandoci a essere figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà” (Ef 1,4-5). È comunione di vita con Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56). È orientamento sicuro del nostro vivere in Dio e per Dio: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15,10). Operare in Cristo: rimanere in Gesù indica stabilità, non staticità, è il dinamismo del “vivere in Cristo”, che si manifesta in frutti di opere buone, in progetti di pace, in accoglienza gioiosa dei fratelli, in testimonianza amorosa per chi ha bisogno di aiuto nel corpo e nello spirito. È lasciare operare il Padre, il divino agricoltore, che ci pota per essere uomini e donne nuovi nello spirito, purificati nella verità: “Chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,21), nella carità: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi” (1Gv 4,12), nella santità: “Abbandoniamo l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, rinnoviamoci nello spirito della nostra mente e rivestiamo l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità” (Ef 4,22-24).
Lettura esistenziale
“Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (Gv 15, 2). Le potature sono le varie prove della vita che il Signore permette per la nostra crescita e maturazione spirituale. “Come l’oro si prova nel fuoco” (Sir 2, 5), così la nostra fede è purificata nel crogiuolo delle prove e tribolazioni. È vero, non sempre le prove sono disposte da Dio, ma talvolta provengono dal nostro prossimo, per un uso scorretto della libertà, talaltra hanno altre cause; Dio però può scrivere dritto sulle righe storte della nostra storia, facendo servire anche il male, per un bene. Attraverso la prova “completiamo nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo – cioè la nostra parte – a favore del suo Corpo che è la Chiesa” (cfr Col 1, 24). Se diamo un senso a tutto ciò che viviamo, anche le cose negative che ci possono capitare, possono avere una valenza positiva, non dimentichiamo ciò che afferma la Parola di Dio: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28). Riempire di senso ogni prova significa aprirsi a nuove opportunità, per esempio a collaborare con Dio per la salvezza delle anime. Quando diamo un senso alla prova che viviamo, non lamentandoci, non mormorando, non ribellandoci, ma unendoci alla Passione di Cristo e ne facciamo un’offerta d’amore, diventiamo luce per gli altri e lasciamo un’impronta positiva su questa terra. Però, per riuscire a vivere così una grande prova, bisogna prepararsi, accettando con gioia le umili, piccole occasioni quotidiane.